martedì 25 agosto 2009

Giorno 18, Berati

Terminavo il post scorso con in mente tutta la curiosita per il paese che ci accingevamo ad esplolare. Adesso e' quasi una settimana che scorrazziamo per le strade albanesi, passando dalle montagne al mare, per citta caotiche e paesini senza tempo. E, anche se cominciamo a capirci qualcosa, le domande rimangono tante e la voglia di scoprire sta solo aumentando.

Abbiamo sconfinato a Pogrodec, sempre sul lago Ohrid, e fin da subito la differenza tra i due paesi e stata evidente. Fin dalle dogane, dai polizziotti di frontiera, con quelli macedoni che ci consigliavano di non fare l-assicurazione per la moto in Albania, tanto basta pagare i polizziotti se fanno storie. Invece quelli Albanesi semplicemente non ce l'hanno controllata, l'assicurazione. E, su nostra pressante richiesta un funzionario ha ammesso di non avere moduli per farcela, che forse potranno aiutarci nella vicina citta'. Quindi cominciamo a guidare sulle strada dissestata ed a picco sul lago non assicurati.

La citta e' in realta un paesinao da 12000 abitanti, che pero, muevendosi in continuazione in macchina con le autoradio ad alto volume ed urlando per le strade, sembrano 10 volte tanti. Pensavamo che qui tutti parlassero l-italiano grazie alla tv, ma non e vero. Solo pochi sono in grado di intendere e solo parole molto semplici. Non sono in grado di dare indicazioni tipo sinistra/destra. E questa sara una costante: solo gli esuli che in Italia ci vivono parlano l'italiano, e questa e' comunque la sola lingua con cui si puo costruire un rudimentale dialogo.

Incontriamo subito Ezio (chissa come e il nome vero?), emigrato commesso in un negozio di pelletteria fiorentino, che qui si comporta da boss del paese, da uno che i soldi li ha e lo fa vedere, tornato per il funerale della nonna, che ci offre il caffe, dandoci da preziose informazioni. Per esempio ci avverte, confondendosi lui stesso, che qui alcuni usano ancora il vecchio corso della moneta, uguale a nuovo ma moltiplicato per 10: e subito, per comprare una mappa stradale ci accorgiamo della delirante situazione in cui persino gli albanesi si sbagliano. Dopo un po' faremo l'occhio su prezzi e non ci confonderemo piu. Ci sconsiglia vivamente di fare la strada delle montagne che avevamo in programma: dice che e; brutta, non sicura, con lavori in corso e che neanche i locali la fanno. Noi ci pensiamo su un po' e la imbocchiamo lo stesso, pronti, eventualmente, a tornare sui nostri passi.

E la nostra scelta risulta vincente. La strada e' dissestata, tutta gobbe, cunette e con tratti sterati, ma con pazienza la affrontiamo a bassa velocita. La media di viaggio dei prossimi due giorni sara inferiore a 30km/h, secondo il computer di bordo. Siamo ripagati da panorami sorprendenti, brulli e sconfinati, colline e montagne punteggiate da bunker (spiegheremo...) asini e mucche che ci fanno compagnia, paesini treaquilli.

Attraversiamo le montagne dormendo nell'unica locanda nell'arco di decine di chilometri ed approdiamoa Girocastra.

Poi ci dirigeremo verso il mare cristallino della csota a nord di Saranda, dove tra bagni, sole, lettura e pesci alla griglia trascorreremo due giornate piene.

Ed ora siamo arrivati a Berati, di una bellezza sorprendente, ancora piu caratteristica di Girocastra, tutta di pietra bianca edi legno. Sembra di essere in una ltra epoca.

Se non esco da qui entro 10 second la Leo mi morde dalla fame. Quindi alla prossima!

ENRICO

mercoledì 19 agosto 2009

Giorno 12, Ohrid

Sveglia a Belgrado


Sveglia a Mavrovo


Picchio

Uhhhh, che fatica!

Siamo arrivato a Ohrid, cittadina macedone sull-omonimo lago, al confine con l-Albania. Con tutte le caretteristiche che solo una piccola citta' turistica macedone puo avere (avete presente, vero?). Per arrivare fin qui abbiamo passato una discreta serie di vicende, ma mi sento di dire che fin'ora abbiamo avuto solo disguidi piccoli (una notte insonne a Belgrado, qualche problemino di digestione, strade fangose o sterrate, rischio di rimanere a secco,...): eravamo preparati a problemi ben maggiori!

Ora ci fermeremo per qualche giorno per riposarci e riodinare i ricordi che negli ultimi giorni si sono un po' accavallati in testa. Col senno di poi ci sarebbe voluta almeno una settimana per ognuno degli stati che abbiamo attraversato. Non e' che stiamo correndo, solo che stiamo assaggiando una sacco di bei posti, e ci sembra di andarcene sempre un po- troppo presto. Ed ogni volta con un nostalgico e probabilmente disatteso proposito di tornarci in futuro.

Il fatto e' che il viaggio in moto dovrebbe avere gli stessi tempi del viaggio in bicicletta: il fatto di potersi spostare rapidamente non e' necessariamente un vantaggio se le distanze aumentano in proporzione con la velocita'. Comunque siamo diventati velocissimi a mettere e togliere la tenda, facciamo regolari controlli al nostro mezzo (abbiamo tutto il necessario, compreso un litro di olio) e gestiamo la moto come se fosse uno scooter negli attraversamenti delle caotiche citta' Balcaniche.

Tra l-altro, qui la maggior parte delle auto hanno targa italiana. Anzi, veneta. Che sembra che tutti abbiano qualche pezzo di famiglia nel nord est italiano, e che ora siano tutti rientrati per le vacanze. Questo ci ha permesso di scambiare due chiacchere con personaggi locali. Perche', se non si parla in italiano, qui e' assolutamente impossibile capire e farsi capire, ne a voce, ne per iscritto: anche l-alfabeto cirillico, con le sue fasulle affinita con l-alfabeto romano e le enormi differenze tra lettere maiuscole e minuscole, e' tutt'ora un rebus per noi!

Pero' anche questo partecipa a creare la sensazione di essere in posti remoti ed esotici, belli e tutti da esplorare. La scelta dell-itinerario e' stata felice in questo senso: dalla Slovenia, Austria dei balcani, pulita ordinata, in cui molti parlano italiano, passando rapidamente per la Croazia, un po' piu' rude, ma ancora affine ai costumi europei, attraverso la Serbia, primo vero assaggio dello spirito balcanico, e poi in Macedonia, prima nel nord, nella capitale Skopje, grande citta' dal cuore antico, che ti sveglia dolcemente alle 5 del mattino con le frasi cantate dalle moschee (atmosfera indimenticabile), ed ora nel sud, aspro e arso dal sole, pronti a saltare verso l-Albania.

Chissa' come sara'?

ENRICO

mercoledì 12 agosto 2009

Giorno 5, Ljubljana


Dobrodosli a tutti voi!

Qui si e appena sciolta la tensione per l'attesa dei documenti della moto. Gia perche siamo partiti attrezzati di tutto punto, avendo anche stilato diverse check list per controllare di non lasciare a casa niente. Infatti i documenti della moto - tutti - sono rimasti a casa... Quindi un grazie gigante a Co e Marti che si sono rapidamente ed efficientemente attivati per organizzare una spedizione internazionale ai limiti della fisica: Cazzago S.M. - Ljubljana in 48 ore nette!

Adesso ci rimane solo da recuperare l'itinerario chilometrico che abbiamo lasciato a casa dei coniugi Dalla Grana... Colgo l'occasione per lanciare un appello ufficiale: potreste gentilmente inviarci le tappe con i chilometri alla mia mail?

Risolti tutti questi piccoli problemi ora siamo pronti a partire sul serio. Certo che ci siam proprio trovati... mi sa che ritorniamo a settembre in mutande e su una ruota sola. Perché anche se la Leo è un tantino piu' affidabile di me, la differenza è proprio poco apprezzabile.

Rapidamente un paio di informazioni sul viaggio fin'ora. Tre giorni sul lago Bohinj: bello, tranquillissimo, ma un po' troppo turistico. Da vedere in bassa stagione, amgari in autunno, quando le nebbie ammantano i monti circostanti, ed albergando in una delle casette coi fiori dsui balconi, come in Austria. L'acqua di un colore azzurro incredibile, forse grazie al fondo di bianchissime rocce calcaree.

Poi, per spostarci fino a qui, abbiamo scelto di evitare l'autostrada. Ed anche le strade principali. Ed anche le strade secondarie. Infatti abbiamo percorso circa 20 km su una mulattiera sterrata... ok, ok, non era previsto: sulla mappa che abbiamo risultava una bella stradina in mezzo alle montagne. Ero un po' preoccupato per i pneumatici lisci e per il fatto che sembrava di guidare sul ghiaccio, ma è andato tutto bene. L'abbiamo preso come un banco di prova per le strade Albanesi.

Quindi, arrivo alla capitale con moto in perfetta efficienza e senza ulteriorio disguidi. Sistemazione nell'ostello ricavato in un carcere (scenografico, e poi, dormire in una cella!). Pomeriggio e sera in giro per la citta' cercando, nelle poche ore a disposizione, di immergerci nelle sue atmosfere. Pittoreschi e per niente turistici i vicoli del centro. Panoramico il Castello, ma rivisitato con strutture in cemento e ferro discutibili. Riposino nel parco Tivoli con una deliziosa brezza che accarezza l'erba e noi. Cena in un ristorante del Carso dove parlucchiano anche italiano. La Leo, come al solito, si fa prendere dalla frenesia alimentar-bevereccia. Risutlato? Mangiamo come porcellini e conserviamo ancora in camera un cartoccio con la carne alla griglia avanzata. Non vi dico l'aroma della nostra camera questa mattina... aglio e carne... e non dormivamo neanche soli!

Ora carico della moto (1 ora stimata) e partenza per Zagabria.

Ciao ciao,

ENRICO
e
LEO

mercoledì 5 agosto 2009

Cose e casa


Si riparte! Questa è la scusa ufficiale con cui decido di dedicare qualche minuto all'aggiornamento del blog. Per dove? Leggete più sotto... prima due righe sul passato.

Cosa è successo in questi mesi (cioè dai giorni passati a San Francisco)? Di tutto, ovviamente. Cose che mi han fatto felice e cose che mi han fatto riflettere. Come periodicamente mi succede mi sono impantanato nell'asfissiante e vuota rotuine quotidiana. Strano come nella mia testa al concetto di routine non sia associata l'idea di noia e ripetitività, bensi l'idea di attività parossistica e sempre diversa, che non lascia respiro. Per me è sempre stato così. Comunque ne sono uscito con i mezzi che ho imparato ad usare. Causa e risultato di questa situazione è stata anche la ricerca della casa, terminata da pochi giorni con la definizione della data del rogito: 11 settembre alle ore 11. Sarà profetico?

L'acquisto della casa. Un passo importante. Come mi ha detto qualcuno: "mettere un mattoncino in più nella mia vita". Un rischio. Una necessità. Un investimento. Bah. Per me niente di tutto questo.

Sensazioni positive: è casa mia. Ho fatto molta fatica a trovarla, si è nascosta per bene, ma io l'ho scovata. E l'ho proprio scelta. E' quella che avevo in mente. Assolutamente nessun dubbio, fin dall'inizio. Ed ogni minuto in più che ci passo ho solo conferme. Ieri notte, dopo aver finito di pulire i pavimenti verso l'1:30 ero lì lì per fermarmi a dormire. Così, per terra, senza materasso. Ho desistito solo perché avevo la macchina in divieto di sosta. E' un punto fermo, un riferimento. Dopo un anno esatto da quando ho lasciato la mia ultima casa ne ho un grande bisogno. Ed il bisogno è aumentato negli ultimi mesi, da quando l'idea di fermarmi dove sono e costruire qualcosa di duraturo non mi risulta più tanto remota.

L'unica sensazione negativa: ho dovuto scendere ad un compromesso con la mia libertà di scegliere come organizzare la vita nel futuro prossimo. Insomma, se decidessi di trasferirmi in Sud America, probabilmente la banca non la prenderebbe molto positivamente... Cerco di convincermi che comunque non c'è niente di definitivo, niente di vincolante, ma in realtà sento che non è proprio così.

Comunque sia tutto è ancora troppo recente, ho bisogno metabolizzare l'avvenimento. Ci vorrebbero giusto 3 settimane di vacanza...

Ed effettivamente venerdì 7 agosto partiamo. Al plurale. Con chi parto questa volta? Guardate bene la foto qua sopra, ingranditela: la vedete nel mio occhio destro (che in foto è a sinistra). Nell'altro occhio si vede la moto... l'altra compagna di viaggio.

Destinazione: Vicenza! La prima notte. A sfruttare l'ospitalità dei consorti Stefano e Federica. Un incontro che sarà un nuovo ritrovamento, dopo che sono cambiate un po' di cose per tutti. Parleremo di viaggi in moto, di quelli fatti, ma soprattutto di quelli da fare il prossimo autunno. Che io il giro dell'Amarone ce l'ho in testa da troppo tempo!

E poi? Balcani. Dalla Slovenia, attraversando le alpi Giulie, Lubiana, Zagabria, Novi Sad, Belgrado, e poi giù attraverso il Kosovo fino alla Macedonia, Skopje, per sconfinare infine in Albania, dove raggiungeremo l'apogeo del viaggio con le incontaminate spiagge del sud, nei pressi di Saranda.

In tenda.

Tante incognite. Quella tensione che conosco bene, generata dalla consapevolezza delle difficoltà a cui andremo in contro. Però tutto è calcoltato, le tappe sono definite, ci siamo organizzati. E tutto è passibile di modifica, ripensamento: tappe, tempi e destinazioni. E' esattamente quello che cerco: la soddisfazione di una curiosità forte, da realizzare mediante un'esperienza forte, da sentire sulla pelle, anche a costo di portare a casa qualche cicatrice.

Sentivo stamattina alla radio un dee jay dire che il viaggio in motocicletta è il viaggio iniziatico per antonomasia. Non so se sono d'accordo. Anche il viaggio in bicicletta credo che ambisca al titolo. Di certo è fisicamente più impegnativo e richiede una dedizione particolare, un'attenzione verso se stessi che può distrarre dagli attimi che si stanno vivendo. Ma il viaggio è anche (soprattutto?) ricerca di sé.

Allo stesso tempo so che i Balcani ci sommergeranno di stimoli di tutti i tipi, di più di quanto potesse succedere sull'arido atipiano andino. Quindi ben venga non essere troppo concentrati su alimentazione e mal di montagna. Ed infine, questa volta, più che la ricerca del "sé", ci sarà una ricerca del "noi"...

Spero di riuscire ad aggiornare il blog ogni tanto, per mandare a casa in diretta pensieri ed immagini da gustare freschi, appena colti. Ed attenderò con ansia ogni commento o saluto da casa, nella speranza (illusione?) di poter condividere qualche scampolo questo viaggio con tutti voi che leggete.

Un abbraccio,

ENRICO

martedì 21 aprile 2009

San Francisco, giorno 2



Come potete vedere nella foto qua sopra, non stiamo perdendo tempo. Nonostante le evidenti Sansonite sotto gli occhi per entrambi, oggi abbiamo arrampicato parecchio, in palestra ovviamente. Anche se nella foto non sembra, giuro che era Fabio quello che tirava di piu'! Ora vi racconto.

Il viaggio di ieri e' passato liscio. Chiaro che quasi 15 ore tra aerei ed aereoporti si fanno sentire, pero' siamo stati abbastanza fortunati nel trovare compagni di viaggio curiosi con cui far due chiacchere. Sbarcati a San Francisco, un po' frastornati per il fuso, ci ha subito sorpresi il clima: si sfiorano i 30C, brezza calda e costante. Si sta benissimo, solo bisogna abituarsi al cambio di stagione improvviso.

Ci sistemiamo in ostello, grande, bello (forse il migliore in cui sono stato), un sacco di ragazze: penso che siamo gli unici maschi, e non sappiamo perche'. Comunque la struttura e' d'epoca, tenuta perfettamente, pulita, con una cucina fantastica (piani cottura ad induzione, banchi di lavoro in legno lamellare), sembra tutto nuovo.

Dormitina e perlustrazione dei dintorni. Cena da veri maricones sul Pier 1, tacos con carne per entrambi. Si ritorna verso Mason Street, dove sta l'ostello, prendendo la cable car, il tram a fune tipico di san Francisco: divertente stare sulla pedana bassa attaccati al palo mentra il tram si muove per le strade. Passiamo davanti ad una discoteca e rimaniamo entrambi sconvolti dagli avventori. Tutti ragazzi intorno ai 20 anni, in micro canottiere, che si abbracciano e si baciano in due, in tre o a gruppetti.

Ok, sapevamo che San Francisco era la capitale dell'omosessualita' americana e forse anche mondiale, pero' una scena cosi' non ce la aspettavamo, soprattutto per l'eta' dei protagonisti. In ogni caso niente di male, solo bisogna abituarsi all'idea.

Dormiamo di gusto. Fino alle 3:30, quando il nostro ippotalamo decide che e' ora di svegliarsi. Io riesco a convincere il mio a dormire fino alle 6:30. Fabio fa piu' fatica con il suo e non si riaddormentera' piu'.

Colazione abbondante (solo burro e marmellata: ci aspettavamo bacon e uova!) inclusa nel prezzo del letto, poi andiamo a noleggiare le bici, con cui abbiamo in programma di muoverci per i prossimi giorni. Attraversiamo downtown, Rushian Hill e Fishermann Wharf. I quartieri sono caratteristici, con le casette basse e colorate, le strade larghe e tutte in saliscendi. E che saliscendi: dopo aver scalato un paio di colline ora stiamo cercando di evitarle, girandoci intorno, perche' a fine giorna tante colline da 100m fanno migliaia di metri di dislivello, e si sentono.

Le bici sono delle performati city bike con forcella ammortizzata. Carichiamo sul portapacchi lo zaino con il materiale da climbing e subito rompiamo entrambe le corde elastiche. Ce lo terremo sulla schiena per il resto della giornata. Per raggiungere la palestra che abbiamo scelto dobbiamo attraversare la citta' da nord a sud. E' lunedi', ma non c'e' traffico. La gente e' tranquilla, si vedono molte persone che fanno jogging, che pattinano. Sembra che siano tutti in vacanza. Si capisce perche' negli States la California e' vista come un isola felice per villeggiatura e vita rilassata.

Raggiungiamo con qualche difficolta' la palestra. Siamo tenuti a dimostrare di essere in grado di fare nodi e di far sicura, superiamo l'esame a pieni voti. La palestra e' gigantesca, la piu' grande che abbia mai visto. Pareti di 10/12 metri, archi, strapiombi e placche, area bulder che sembra un labirinto. Centinaia di vie tracciate, di tutti i gradi. Cominciamo cauti dal 5.9 (non conosciamo i gradi americani), per poi salire al 5.10a, b, c, d ed infine 5.11a. E li' ci fermiamo. Almeno ora abbiamo scoperto qual'e' il nostro livello nelle palestre americane. Ci rimane il (grosso) dubbio di come gradano in ambiente.
Facciamo una pausa per mangiare un tacos nel truck di fronte alla palestra, qui parlo lo spagnolo con il "cuoco" che e' messicano: entrambi siamo in difficolta' con l'inglese. Poi ricominciamo con qualche via lunga, addominali e doccia.
Si va al mare passando dallo stadio del baseball, chiuso. Tutto pulito ed in ordine, non c'entra proprio niente con i nostri stadi. Si notano (anzi, io noto) due impianti fotovoltaici sulle tribune e su una pensilina in facciata. A due passi c'e' il porto con migliaia di barche a vela. Ci fermiamo a bere ad una fontana.
Arriviamo a REI, negozio di materiale da alpinismo. Compriamo friends, nut, moschettoni, ed altri accessori che in Italia costano molto di piu' che qui. Soddisfatti ce ne torniamo in ostello. Dormiamo un po' ed andiamo a fare la spesa in un negozo superbiologico. Il risultato e' che per farci una pasta con tonno e due filetti alla senape spendiamo 35 euro. Pero' buono. Ed e' divertente essere guardati con curiosita' da tutte le avventrici dell'ostello che si mangiano ciotole di cibo cinese (What is that? Mmm, smells good...).
Ora sono pronto per andare a dormire, spero per una notte intera. Fabio dorme gia': il suo ippotalamo forse oggi si e' sincronizzato col Sole. Prima pero' un paio di riflessioni.
1) per ora non possiamo confermare il luogo comune che vede gli americani grassi e oziosi. Qui ci sono un sacco di persone che fanno movimento in tutti i modi e di gente veramente grassa non se ne vede in giro.
2) non ci sono Hummer, se ne vedono molti di piu' per le strade di Brescia che di San Franisco. Ci sono tante auto ibride tipo Toyota Prius, ma anche molte altre che in Europa non esistono. Solo alcuni pick up ipertrofici.
3) domani si va al mare perche' sono decisamente stanco!
'notte,
ENRICO



sabato 18 aprile 2009

... e si va!



Tra 30 secondi uscirò per andare a prendere il treno. Mi sento leggero!

lunedì 6 aprile 2009

Senza titolo

Mi sono accorto che non ho più foto. Da troppo tempo ho smesso di fotografare, e così mi trovo senza materiale per illustrare i miei pensieri. E' un peccato, fotografare mi piace, e quindi cercherò di ricominciare. E poi è una scusa per andarmene a zonzo, di giorno o di notte, senza una meta, inseguendo motivi geometrici, luci, immagini, cercando la giusta prospettiva per rappresentare un pezzo di città. O di vita.

Il post di stasera l'ho coltivato. Ho trovato diversi spunti, li ho raccolti e tenuti da parte come i bambini fanno con i sassolini colorati in riva al mare, e mi sembrava che stessero proprio bene insieme, che potessi organizzare per i lettori (e per me) un bel viaggio, quasi onirico. Avrei parlato di primavera, di voglia di fare e di voglia di oziare. Avrei parlato di pioggia e di Sole, di freddo, di neve e di sabbia. Delle montagne e del mare. Invece oggi ho avuto una sorpresa. Di quelle vere. Di quelle che ti bloccano i pensieri.

Sono pieno di felicità, una sensazione grande ed intima. Così va bene. Così tutto ha un senso. Le nostre sofferenze, la disperazione, i mesi bui e freddi, ora hanno un perché: il punto di vista si allontana e tutto questo diventa solo un dettaglio di un quadro grande e colorato. Della vita che continua, impegnativa e sorprendente.

Non posso scrivere di più, non riuscirei ad avere la discrezione e la delicatezza di raccontare le mie sensazioni senza far intuire di cosa si tratta. E sto piangendo.

Ci sarò sempre.

mercoledì 1 aprile 2009

Il ferro

Questa foto è di Lu Wei, un'amica che vive a Pechino e con cui ho condiviso delle giornate pazze ed indimenticabili durante l'ultimo viaggio in Cina.


Il ferro è un materiale strano. E' una materia prima importantissima. E' la base di praticamente tutte le macchine che l'uomo ha concepito. Eppure, da solo, non serve proprio a niente. Si arrugginisce a contatto con l'aria, non è tenace, non è duro, non tiene il filo. Da solo è perfettamente inutile.

Ma basta aggiungerci un pizzico di carbonio, una percentuale piccolissima in peso, e si trasforma in acciaio. Ancora arrugginisce, ma ha proprietà meccaniche più interessanti. E se si aggiungono anche cromo, nichel, molibdeno, vanadio, rame, piombo,... si ottengono acciai dalle proprietà sorprendenti, che possono resistere a carichi elevatissimi, o ad attacchi chimici molto potenti. E la tecnologia siderurgica ancora sta evolvendo, generando continuamente nuove famiglie dalle caratteristiche sempre migliori.

Perché questo preambolo metallurgico? Perché ieri sono stato al museo del ferro, appunto. Era tanto tempo che desideravo andarci e, grazie alla segnalazione di una persona che mi conosce bene, ho potuto assistere all'inaugurazione del museo dopo il restauro, insieme al mio nonno.

Il vecchio edificio a San Bartolomeo è stato completamente ristrutturato, riportando in efficienza il maglio, la fucina alimentata dalle trome idroeoliche (sapete cosa sono?) e la ruota idraulica per la produzione di energia elettrica. All'inaugurazione erano presenti tante personalità più o meno note del jet set bresciano: professori, politici, religiosi, industriali. La mia impressione è che fossero veramente in pochi ad essere lì per il museo o per il ferro. Molti erano lì perché doveveano, o per farsi vedere, o per incontrare quelli che erano lì a farsi vedere. Io ero lì perché era un'occasione per allacciare un legame con il passato, con chi ha vissuto in queste zone prima di me, gettando, con il proprio ingegno, le basi di un'economia che poi ha trasformato Brescia in una delle realtà più fulgide della tecnologia industriale. E tutto questo senza alcuna sfumatura celebrativa o mitizzante: sono solo affascinato dall'ingegno umano, in tutte le sue forme, pur essendo ben conscio dei limiti che il modello di sviluppo impostato nei primi anni del '900 portava con se. Limiti con cui forse proprio in questi anni ci troviamo a fare i conti.

Il museo è bello ed interessante e consiglio a tutti una visita: richiede solo 15 minuti. Però non è questo ciò che mi preme raccontare. Quello che più mi ha colpito è stato mio nonno. In tanti hanno riconosciuto Pierino. Tantissimi. I camerieri del catering, i politici, gli industriali, i giornalisti ed i fotografi. E tutti avevano un saluto, due parole, una pacca sulla spalla per lui. Che con lo sguardo tranquillo e sereno di sempre, limpido, solo un po' smarrito, a volte riconosceva e raccontava un aneddoto di tanti anni fa, a volte non riconosceva o non ricordava e si limitava a sorridere.

Ho sempre saputo di avere avuto la fortuna di avere un nonno eccezionale, ma ogni volta mi sorprendo. Un persona umile, mite, ma determinata e sicura, con pochi ideali, ma tanto saldi. Molte delle persone al museo mi hanno detto che è sempre stato generoso, anche nelle difficoltà, anche quando non c'era niente per nessuno. E lo dicevano con una riconoscenza ed un'affetto che andavano oltre le parole, che stavano negli sguardi che avevano per lui. Eppure la sua eccezionalità non sta in quello che è stato o in quello che ha fatto. Chissà quanti uomini nati nel primo dopoguerra e che hanno vissuto la seconda ricostruzione, magari fancendo proprio i camerieri, come lui, hanno passato una vita analoga alla sua, con avventure più o meno simili. Quello che mi affascina e mi commuove è l'umanità con cui si è sempre posto di fronte all'altro, chiunque lui fosse. La sua innata dote di parlare al cuore delle persone, a volte anche senza parole. La capacità di stabilire immediatamente contatti profondi e sinceri, che vanno oltre qualunque opinione o modo di vivere e qualunque barriera sociale. Il fatto di lasciare un segno, quasi un messaggio, di toccare tutti quelli con cui aveva a che fare, a qualunque titolo, superando ogni preconcetto ed andando dritto all'essenza dell'uomo.

Anche lui, come me, come tutti, è fatto di ferro. Ma nella sua pasta ha messo anche tanti altri elementi nobili e nelle proporzioni giuste, e questo fa di lui una persona speciale. Spero proprio di aver ereditato alcune delle sue capacità. Sicuramente cercherò di averlo sempre in mente come modello e come ispirazione, per cercare di essere anch'io un po' speciale. Per non essere solo un uomo di ferro.

ENRICO

lunedì 30 marzo 2009

E sono 8



Chi l'avrebbe mai detto?

Dopo così tanto tempo, sorprende un po' anche me. Non tanto il fatto di scrivere sul blog, ma il fatto di sentirne la necessità. Sono tanti giorni che aspetto il momento giusto, non è stato facile. Le scuse sono sempre le solite: impegni, vita frenetica, niente tempo per dormire... In realtà mi rendo conto che è anche un po' il mio modo di evitarmi, di posticipare un confronto con me stesso, da cui potrei uscire potenzialmente malconcio, ma sicuramente con le idee più chiare.

E così, adesso ci sono, nella mia camera di una volta, nel cuore di una notte di tempesta (!), con una tazza di caffé fumante a fianco, pronto per partire. Però la situazione è delicata. Il rischio è quello di perdersi nello spumone di pensieri che ho in testa, montato un po' alla volta nelle ultime settimane, me che proprio negli ultimi giorni ha preso la giusta consistenza. Così, per fare un po' chiarezza, mi son letto il post del trasloco di luglio, e partirei proprio dal trasloco.

Quindi. E sono 8, un bel numero. I traslochi, chiaramente. La caasa non c'è più, si è definitivamente sciolta con una solenne ed intima cerimonia dei suoi ultimi due abitanti. E' un salto (come dice il post qua sotto). E' un'epoca che se ne va, portando con sé un'atmosfera sicuramente irripetibile. Nel bene e nel male. Ma il punto è sempre il cambiamento, che spinge a far bilanci, a cercare conferme, ad aggrapaprsi a brandelli di passato, mentre si è già proiettati verso il futuro. Io nella caasa alla fine ci sono stato bene: è stato solo un guscio sottilissimo per difendermi dalle intemperie, ma non avevo bisogno d'altro. Mi sono circondato dagli unici oggetti che per me in questo momento avevano un senso. Tutte cose molto pratiche, utili, in grado di evocare direttamente i momenti più piacevoli che ho passato negli ultimi mesi. Attrezzi. Questa sera la mia camera è stata definita punk minimal. E ritengo che la definizione la identifichi perfettamente. La foto qua sopra è dell'unica cosa che ho appeso al muro. Non che sia stata una scelta meditata o che avesse per me un senso in maniera particolare. Fatto sta che per mesi mi son svegliato buttando l'occhio sul monologo iniziale di Trainspotting. Qualche parola, qualche frase, talvolta lo leggevo tutto. Ora temo di saperlo a memoria. Sicuramente un bel pezzo, comunica un messaggio forte. Quello che ci trovo io è il richiamo alla consapevolezza della scelta. Quelle decisioni piccole e grandi che si fanno in ogni istante della vita e che la plasmano e conformano attorno a ciò che siamo. Non subire le imposizioni né le convenzioni, per poter essere artefici del proprio futuro. Forse l'ho già anche scritto, tempo fa. E' importante non dimenticarlo.

E così si è sciolta anche la strampalata convivenza a distanza che si era venuta a creare tra me e Damiano. Mai avrei immaginato di arrivare a pensare ciò che mi è passato per la testa questa sera. Comunque domattina ci sarà qualcuno che si sveglia con una sorpresa.

Ritorno sul concreto. Sicuramente è stato uno dei traslochi più facili dal punto di vista logistico. Vestiti in un borsone. Altri vestiti in un sacco dello sporco, stile "viaggio della speranza" (odorerò un po' di polietilene nei prossimi giorni, ora sapete perché). Lavastoviglie portata in ufficio. Zaino, corda e scarpette in macchina. Così ho avuto persino tempo di fare un'uscita con il gruppo di scialpinisti tra i più scalmanati del corso Ugolini.

Bagnati fino alle mutande. Infreddoliti. In una neve con la consistenza di un budino, pesante in salita e vischiosa in discesa. I più fortunati con i soliti sci, qualcuno, meno fortunato, con sci recuperati per l'occasione, qualcuno con le ciaspole, ed, infine, un temerario con pedule da trekking. Sembrava la ritirata di Russia, però in salita. Con un tempo che rendeva assolutamente senza senso ciò che stavamo fecendo. Eppure. Atmosfera perfetta. Nessuna tensione, nessuno sbotto, neanche una frase fuori posto. Troppe volte mi son trovato in situazioni diverse per non apprezzare questa. Quando la fatica, il malessere, il fastidio non contano niente, perché sei a fare ciò che volevi, perché sei a contatto con la natura, perché hai detto no ai pomeriggi al centro commerciale o davanti alla tv o al pc, costi quel che costi. Qui ognuno potrebbe metterci le proprie motivazioni, ma rimane un fatto: andare in montagna vuol dire anche rimettere nelle giuste proporzioni le cose della vita. Ed è fantastico quando si crea un gruppo di persone che riesce ad essere in sintonia come oggi. Tutto scomparirà con lo scioglimento delle nevi? Vedremo.

Ed ora un paragrafo criptico, sicuramente il più difficile da scrivere. Ma me lo devo. Devo lasciarmi qualcosa di scritto anche riguardo a questo. Spero di riuscire a dare un senso anche per chi legge, senza sapere niente riguardo a ciò che capitò. Ci sono situazioni che quando accadono hai la sensazione che siano ineluttabili. O meglio, che lo siano pur non essendo la logica conseguenza di una serie di altre cose. Sono avvenimenti che accadono da soli, ma con una tale specifica precisione, ed armonizzandosi talmente bene con tutto il resto che non richiedono nessuna decisione e non ammettono dubbi. Sembra che niente di sensato esista al di fuori di quella cosa. Queste situazioni portano con sé un'alone misterioso e potente, che molti chiamano destino. Anche persone razionali e pragmatiche come me talvolta avvertono la presenza di quest'aurea, con sorpresa. Così a me è capitato di scoprire l'imbocco di una nuova strada, dopo tanto tempo che la cercavo. Ora ho tanta voglia di vedere se mi porta dove spero, e magari oltre.

Buonanotte a tutti,

ENRICO