martedì 29 luglio 2008

Argentina, giorno 8


...e cosi' ieri pomeriggio abbiamo varcato il tropico del capricorno... quindi, essendo ai tropici, ora bermuda, infradito e cocktail sdraiati su qualche spiaggia? Non credo proprio!

Non ho tempo di scrivere molto ma voglio avvertirvi di cio' che stiamo per fare. Siamo in un paesino a 52km dal Humauaca, che si chiama Iruya, raggiungibile solo con 40km di strada sterrata e passando da un valico a 4100m. Il paese e' a 2800m. L'atmosfera e' magica, abbiamo appena visto il tramonto da uno spuntone di roccia a picco sulle case. Tanti bambini per le strade acciotolate che giocano, muli come mezzo di locomozione. Casette con cortili scrostati, tetti di paglia e lamiera, qualche piantina stentata. Ricordate che qua e' inverno ed ora siamo intorno ai 10C, ma nella notte va sotto zero. Oggi siamo arrivati in autobus (che mezzo!), con le bici caricate sul tetto, con tutte le dita incrociate perche' non si piegassero i dischi, non si rompessero i deragliatori, non si strocessero raggi e cerchi... c'e' andata molto bene.

Domani, pero', torniamo con le nostre gambe: circa 1300m di dislivello per arrivare a 4100m (e manca il fiato, ve l'assicuro!). Coperta la salita ci rimangono ancora circa 20km di sterrato in discesa, che con 35kg di borse sono abbastanza impegnativi (abbiamo gia' rischiato qualche volo...). Poi avremo ancora 300m di dislivello su 15km per arrivare ad Abra Pampa a 3400m, dove dormiremo. Partiamo con 4,5l di acqua a testa (vento e Sole sono impietosi), e se qualcosa va storto (o se non ce la facciamo...) piantiamo la tenda per strada. Di notte a 3400m siamo a -7C, ma siamo preparati.

Commeto alla foto di apertura: nonostante l'apparente magrezza magiamo di gusto e con regolarita'... lo scrivo soprattutto per mamme, zie e parenti donne vari che potrebbero preoccuparsi.

Da notare la mia maglia arancione Grundfos Sumbersible Motors - NewMo Team...

Infine e' d'obbligo un grande ringraziamento a Mariano ed Agnese: senza i loro consigli puntuali e preziosi di certo non saremmo arrivati fin qui. Sono posti fantastici, ma decisamente difficili da visitare, soprattutto per due viaggiatori in bicicletta. Trovate il loro sito nell'elenco qui a fianco, si chiama Patagonia Biking: organizzano viaggi in Argentina (sia in Patagonia che qui, nel nord ovest) ed in Tibet/Mongolia,... chi avesse voglia di provare li contatti e dica che lo mandiamo noi! (Non e' necessario portarsi tutta la zavorra sulla bici: organizzano viaggi con furgone al seguito...)

Non so quando ci sentiremo ancora: trovare un posto con Internet diventa sempre piu' difficile, ed il cellulare ha smesso di funzionare appena usciti da Salta. Forse quando saremo a La Quiaca, tra due giorni, prima di valicare il confine con la Bolivia, chissa'...

Comunque abbiate pazienza e date un'occhiata al blog ogni tanto!

Un abbraccio a tutti,

ENRICO

PS per Sandra: abbiamo una scorta di Dulce de Lece che provvediamo ad alimentare con regolarita'!

PS per Susanna: pedaliamo, pedaliamo... e' impressionante pensare la strada che abbiamo ancora da fare! Ci aiuta la sensazione di liberta', di poter dormire quando abbiamo sonno e mangiare quando abbiamo fame... Allora l'anno prossimo vieni anche tu? Dobbiamo decidere dove!

PS per zia Zeta: qua pochi gatti, ma moooolto pelosi... faccio foto?

Argentina, giorno 6

Che fatica!

Questa sera non era prevista una connessone ad Internet. Siamo stati costretti da un problema meccanico ai freni a disco di Damiano a trovare informazioni su come ripararli e quindi colgo l'occasione per scrivere due righe.

Siamo a Tilcara, sempre lungo la Ruta 9, a 2600m di quota. Ieri notte abbiamo dormito a Purmamarca, un posto incredibile, in cui l'unica vegeatazione che si alzi a piu' di 50cm dal suolo e' costituita da cardones, o cactus, ma che ha una "quebrada" (falesia, dirupo) di pietre colorate dal rosso al blu, passando per tutti i colori che ci sono nel mezzo. Abbiamo fatto tante foto, ma non possono rendere l'idea. E' un posto incantato... e chiaramente anche abbastanza turistico in quanto facile da raggiungere anche in macchina. Tutti i turisti sono Argentini, e quindi la gente del posto non si aspetta che noi siamo italiani. Cos¡ i nastri tricolori che sventolano sulle nostre borse sono stati presi per una bandiera messicana!

Il paesino e' tutto raccolto intorno ad una piazza dove c'e' un mercato artigianale molto grazioso, con tanti bambini indio vivacissimi che giocano e vendono gelatinas e flan (gelatine e budini). Principalmente se li vendono tra di loro, ma talvolta anche ai turisti... Una bambina ci ha colpito per il modo con cui giocava con l'agnellino ed il capretto che aveva in cura: li caricava in spalla e lanciava qua e la senza problemi, e poi li allattava con un biberon, dividendo il pasto con loro... incredibilmente vivace ed un po' selvaggia!

Poiche', come dice giustamente Simone, non possiamo rammollirci troppo, abbiamo piantato la tenda in uno "campeggio", in realta' uno spiazzo polveroso ed abbastanza assolato, che ci era piaciuto perche' c'erano molti ragazzi. Scopriremo poi che i ragazzi non hanno esattamente i nostri ritmi e fanno fiesta fino alle 2 del mattio, mentre noi alle 8 dobbiamo alzarci. Pazienza.

Comunque nel pomeriggio siamo partiti per un'escursione sulla vicina cordigliera, a piedi, lungo un sentiero molto panoramico che ci ha permesso di assaporare tutta la bellezza della quebrada di Purmamarca fuori dalla confusione da una prospettiva decisamente privilegiata. Qui, sulla cima di una delle colline, a strapiombo sul paese, abbiamo conosciuto Ricardo, ingegnere alimentare di Buenos Aires, amante del trekking. Sembra che gli ingegneri si attirino tra di loro, oppure sono tutti un po' "fuori" e quindi si ritrovano nei medesimi posti strani ed improbabili. In ogni caso il tipo e' simpatico e parla l'italiano perche', ovviamente, ha parenti in Italia. Ci aiuta molto a migliorare la lingua parlare con lui, noi in castillano stentato, lui in italiani abbastanza buono.

Ceniamo insieme, in un ristorante molto carino, con un ragazzo ed una ragazza che suonano musica Argentina, che tutti conoscono, tranne noi. Passiamo una bella serata e rimaniamo d'accordo che ci spediremo foto e mail dei rispettivi viaggi, il nostro in bici, il suo a piedi. Assaggio acnhe la zuppa di pecora o caprea, che si chiama Locro.

Questa mattina ci siamo svegliati alle 8, abbiamo levato il campo ed abbiamo caricato le bici su un'auto, sembra una Renault Logan. Con alla guida un local abbiamo coperto il dislivello fino al passo del Ipam a 4170m. Qui abbiamo scaricato le bici e siamo scesi fino a Salinas Grandes, 3600. Non ci sono foto ne' descrizioni che possano rendere 'idea di questo deserto di sale in continuo rinnovamenteo che si estende per circa 50km in larghezza (est ovest) e piu' di 100 in lunghezza (nord sud). Oggi siamo solo in esplorazione e siamo un po' perplessi all'idea che dovremo attrversarlo in bici, con le nostre gambe...

Comunque lo scopo dell'esplorazione era cominciare ad acclimatarsi all'alta montagna, e quindi pedaliamo per un'oretta sopra i 3600m. Visitiamo una zona dova alcuni cavatori di sale fanno il loro lavoro e scopriamo come funziona questa industria. Poi riprendiamo la nostra auto e torniamo al passo dell'Ipam. Questa votla scendiamo in bici: 35km per 2100 metri di dislivello. Velocita massima 84km/h, e vi assicuro che fa abbastanza impressione! Ma quello che piu' colpisce e' il vento: nella discesa a tornanti eravamo spinti quando scendevamo verso l'imbocco della valle, mentre quando rientravamo avevamo il vento contrario, che ci frenava dai 70 km/h fino ai 20 ed a volte meno, costringendoci a pedalare con decisione. Abbiamo sentito la forza degli elementi in una giornata normale a queste quote.

Abbiamo pranzato nel solito ristorante che abbiamo provato anche ieri a pranzo economico, tipico e molto buono. Empanadas e milanesas per entrambi.

Ripartiamo alla volta di Tilcara, attraversando alcuni pesini tipici e che sembra in ristrutturazione, forse a causa dell'aumento dei flussi turistici degli ultimi anni. Ticlara la visiteramo domani, quindi ve la descrivero' nel prossimo post.

Hasta luego,

ENRICO

PS: anche questa volta niente foto... abbiate pazienza!

domenica 27 luglio 2008

Argentina, giorno 4

Rieccoci per un racconto un po' piu' succoso del precedente.
Siamo a Volcan, sulla cordigliera, a 2000m. Come previsto stiamo lentamente risalendo la "cortisa" per raggiungere Abra Pampa, a circa 4000m. Abbiamo gia' fatto una piccola variazione sull'itinerario previsto: ci siamo concessi un giorno in piu' per visitare Jujui e per riodinare un po' il bagaglio e le idee, quindi abbiamo diviso in 3 giorni anziche' 2 la distanza di quasi 200km ed il dislivello cumolato di circa 1400m da coprire per raggiungere Purmamarca. In realta' il grosso della fatica l'abbiamo fatta ieri (100km) ed oggi (1000m di dislivello), domani ci rimane solo una cavalcata di 15 km per entrare a Purmamarca.
Immaginatevi la situazione. Siamo in un paesino raccolto intorno al "terminal" degli "autobuses". Una manciata di case, rigorosamente ordinate in una pianta a quadri come tutte le citta' argentine. Alcune casette carine, altre quasi in rovina. Tutte basse, ad un piano, e fuori da ognuna un "perro", che piu' che far la guardia, sta li' come elemento del paesaggio... Le strade sono tutte in terra battuta, le case di mattoni, di pietra, di cemento, di ogni colore possibile, sgarrupate ed appena dipinte. Tante ragazzine e ragazzini indios in giro. La differenza tra la popolazione di Salta e quella di queste zone e' evidente. Pelle scura, occhi grandi e neri, capelli lisci, corporatura snella, ma "compatta". Alcuni anziani, pochi uomini e donne.
Chiediamo in giro dove possiamo trovare un "quarto" e, tramite una rocambolesca srie di contatti, veniamo indirizzati alla sorella di uno che dovrebbe avere una stanza da darci. E cosi' e', la stanza e' pure carina ed ha perfino la doccia con l'acqua calda, ma per un attimo siamo stati pronti a montar la tenda ed accendere il fornelletto da campeggio...
Ora abbiamo anche cenato con due "milanesas" a testa, e siamo in un piccolo locale con tre pc che avranno dieci anni ed una connessione dial up condivisa. Per chi non sa cos'e' vi basti sapere che e' improponibile anche provare ad aggiungere foto a questo post, e che lo sto scrivendo via mail perche' non riesco ad aprire la pagina. Indosso il guscio antivento. Ci saranno circa 15 gradi dentro. Fuori saremo sugli 8.
E' un bel modo di viaggiare. Stiamo un po' alla volta entrando nello spirito giusto, dimenticando le convenzioni le incombenze della vita in Europa, per addentrarci in questo mondo nuovo e cos¡ diverso. Sentiamo che stiamo fisicamente entrando nel paesaggio e che, un po' alla volta, anche il castigliano diventa piu' facile da capire. I discorsi diventano piu' comprensibili e non perche' la nostra capacita' linguistica migliori (purtroppo...), ma perche' capiamo di cosa parla la gente di qui, quali sono i consigli che sente di darci e cosa vuole sapere dell'Italia.
Rapido resoconto della giornata. Questa mattina sveglia alle 8 a S. Salvador de Jujui in una bella pensione, con tante camere affacciate su un cortile interno coperto (cos¡ anche le bici hanno passato una notte sicura!). Colazione con mate (finalmente!) e pane burro e marmellata. Non particolarmente abbondante, ma sopperiremo. Preparazione dei bagagli (stiamo ancora cercando l'assetto migliore) e visita alla citta' con le bici scariche. Lungo il fiume incontriamo una chiassosa e coloratissima processione di ragazzi boliviani che cantando e ballando festeggiano un qualche santo, forse San Santiago. Passando da un negozio di biciclette cogliamo l'occasione per farci gonfiare un po' le gomme (con 35kg di zavorra sembrano sempre sgonfie, anche a 4,5bar...), e cos¡ facciamo consocenza con Mario, ciclista e meccanico di biciclette, che ci dispensa consigli sul percorso (portare 5 litri d'acqua a testa al giorno, sull'atipiano...) e ci mostra qualche foto di altri viaggiatori che son passati da l¡. Facciamo una foto con lui e rimaniamo d'accordo che gliela spediremo dall'Italia, cos¡ puo' appenderla in negozio.
Poi ci dirigiamo in piazza Belgrano, dove c'e' l'arrivo di una gara podistica, con tanti ragazzi e ragazze (forse piu' ragazze). Visitiamo l'Iglesia Catedral: ha il soffitto di legno, completamente affrescato, e tanti ex voto appesi alle pareti. E' graziosa. Uscendo passiamo attraverso un mercatino in miniatura. Nel senso che, pagando con soldi in miniatura (ottenuti cambiando soldi veri) si comprano minitore, miniquadri, minisoprammobili vari.
Attraversiamo il vero mercato di Jujui, con tante bancarelle di oggetti di artigianato. Chiaramente tantissima lana (di lama, vigogne, alpaca), tanto cuoio, legno. Ed anche un po' di dolci tipici che non ci lasciamo scappare (forse anche perche' la ragazza india che li vende e' carina e simpatica?). Ci mangiamo un panino in piazza ed adiamo a visitare il museo archeologico di alta montagna, dove, grazie alla grande disponibilita' della guardiana che ci fa da guida, scopriamo tante cose che ingoravamo sulla cultura di questi posti. Una su tutte: qui ogni valle vanta una propria preistoria originale, perche' il territorio impervio ha limitato i contatti tra le popolazioni. Cos¡ ci sono almeno 4 differenti culture che si intrecciano e sull'atipiano. Vedendo la scarsita' delle risosrse naturali e la durezza dell'ambiente, e' sorprendente vedere come abbiano sviluppato cultura e religione ad un livello tanto raffinato, che tutt'ora si trovano nella popolazione cristiana e culturalmente occidentale, forti richiami alla radici indigene.
Finita la visita attraversiamo la periferia della citta' (e' sempre pericoloso ed abbastanza faticoso) per raggiungere la Ruta 9. E qui ci mettiamo nuovamente in viaggio. E' una sensazione indescrivibile: ogni giorno e' come se fosse il primo, e per le prime pedalate sono in estasi pensando che questa strada mi portera' fino in Bolivia, attraverso paesaggi straordinari ed esperienze uniche...
La prima tappa e' Yala, un paesino che non e' segnato su nessuna cartina. Lo conosciamo grazie a Mariano ed Agnese, che hanno esplorato questi posti in lungo ed in largo. Arriviamo nel mezzo della sagra di San Santiago, ed incontriamo tanti cavalieri in vestiti tipici. Posteggiamo le bici insieme ai cavalli senza neanche legarle e ci sediamo sotto il portico di una piccola vecchia stazione a mangiar panadillas. La stazione e' abbandonata dal 94, quando hanno chiuso la ferrovia (che peccato, attraversa luoghi fantastici), ma il ferroviere che ci lavorarva vive ancora li' ed ora si occupa di ceramica, insieme al fratello. La moglie ha organizzato il rinfresco per la fiera. I panadillas sono ottimi e leggeri, giusto quello che ci vuole per due ciclisti. Il litro di birra in due che dobbiamo berci assieme e' un po' meno consigliato, ma fa niente, ce lo godiamo tutto. Parliamo per mezz'ora buona con Emilio il ferroviere e facciamo anche un po' di foto (che gli spediremo), ci invitiamo a vicenda in Italia ed in Argentina e poi ripartiamo, col sorriso sulle labbra ed una serenita' nuova in testa.
E' incredibile come sia facile entrare in contatto con le persone qui. Basta lasciar fare alla curiosita' di conoscersi.
Cominciamo a salire. La strada e' sinuosa e panoramica, il sole e' forte e l'aria polverosa, e si fa fatica a togliersi gli occhiali. Avvisitamo i primi camelidi: son due lama uno bianco ed uno rosso che dividono il recinto con un cavallo. Non si lasciano avvicinare, ma e' una bella impressione vederli dal vivo per la prima volta. Ci fermiamo ogni tanto a bere e mangiare ed a fare foto.
Arriviamo verso le 18 a Volcan, di cui vi ho gia parlato all'inizio.
Ora il locutorio chiude, quindi vado a dormire anch'io. Vi lascio con un ringraziamento per tutti i messaggi (mail e commenti) ricevuti. Li ho letti tutti e mi hanno fatto tanto piacere, spero che anche a voi sia piaciuto questo post. Rimanete in attesa di fotografie: presto arriveranno e saranno fantastiche, ma mai come essere qui dal vivo! ;-)
Ciao a tutti,
ENRICO

venerdì 25 luglio 2008

Argentina, giorno 2




Dear all,

siamo finalmente alla partenza. Quella vera, quella su due ruote!

Oggi abbiamo pedalato per ben 12km (dall'aeroporto a Salta citta'), e per questo siamo stanchissimi... mmm... comunque e' stata anche una giornata lunga.

In ogni caso, per oggi, vi basti sapere che stiamo bene, che le bici sono montate e le ruote girano. Domani abbiamo la prima vera tappa: 120km in pianura. Ora andiamo a dormire, vi scriveremo nei prossimi giorni.

Ciao,

ENRICO
e
DAMIANO

martedì 22 luglio 2008

UItimo post dall'Italia!


Ciao a tutti!

Avrei voluto dedicare un po' più tempo ai saluti, prima di partire. Non tanto perché sia un fanatico degli addii (anzi!), bensì perché mi sarebbe piaciuto cogliere l'occasione per rivedere un po' di persone con cui ho perso contatto ultimamente... purtroppo non è stato possibile rivedere tutti e spero che nessuno ci sia rimasto male: non è proprio il caso!

Sono stati 15 giorni parossistici, un po' anche per colpa mia: oltre a tutte le incombenze legate a casa, auto, moto, lavori vari, non ho voluto rinunciare a niente, quindi ci sono stati bagni nel Trebbia e scalate in Val D'Aosta, diverse cene, aperitivi, incontri notturni sul lago, lunghe telefonate, e, ovviamente, saluti con colleghi ed amici. Nel complesso sono stati 15 giorni indimenticabili, soprattutto grazie a tutte le persone con cui li ho trascorsi!

Ora sento la tensione allentarsi... è come immergersi pian piano in acqua, prima di una nuotata. Dopodomani sarò pronto - saremo pronti - per fare le prime bracciate. E so che quando avremo la ruta 40 sotto le ruote non ci saranno più dubbi, timori, paure. Solo voglia di esplorare e di andare oltre, volesse anche dire solo oltre il prossimo passo andino.

Questo è un pezzo della ruta 40:


Spero che riusciremo a raccontarvi le nostre vicende con regolarità, e vi preannuncio che leggeremo con avidità ogni riga che vorrete scriverci, via mail o sul blog. Quindi fateci sentire che ci state seguendo e noi cercheremo di rendervi partecipi del nostro viaggio con qualche foto e racconti coinvolgenti...

Ora me ne vado, ci vediamo di persona a settembre!

ENRICO

PS: avete visto la prima foto? I miei colleghi di GSM hanno pensato che alla fine, per sostituirmi, poteva essere sufficiente un manichino... ;-)) Siete forti!

lunedì 21 luglio 2008

Eccole!


Si, lo so, lo so... avevo promesso un post che non è mai arrivato... non potete immaginare i ritmi che sto tenendo nelle ultime due settimane... trovare il tempo per far pipì è una grande conquista, immaginatevi per scrivere un post!

Ma non disperate, sto solo accumulando.

Nel frattempo vi presento le vigogne, che saranno i nostri animali guida nell'avventura sulla cordigliera: sembrano simpatiche!

Ciao,

ENRICO

lunedì 14 luglio 2008

Format c:


Ciao a tutti.

Eccomi ad aggiungere un nuovo ed importante capitolo al mio diario di viaggio.

Giovedì scorso ho fatto trasloco. E, come potete forse intuire dalle immagini qua sopra, non è stata una cosa facile... in realtà un po' me lo aspettavo... Ora vi racconto.

Da tempo sapevo che avrei dovuto lasciare libera la mia casetta milanese. Ciononostante ho volutamente lasciato trascorre giorni e settimane senza organizzarmi per uno spostamento graduale. Questa decisione è stata motivata dal fatto che avevo l'impressione di aggiungere incertezza ed instabilità ad un periodo che già mi vede impegnato in funamboliche trasferte e scriteriati spostamenti attraverso il tempo e lo spazio. Avevo proprio bisogno di una casa, anche se virtuale ed a tempo determinato.

Quando proprio non potevo più aspettare, in un paio di giorni ho organizzato tutto. Una telefonata ad Alberto, amico, climber, falegname ed aspirante giocoliere, per farmi prestare il suo fantastico Ducato blu. Poi, all'insegna del "via il dente, via il dolore", ho cominciato le grandi manovre.

Ho deciso di fare tutto da solo. La scusa razionale che mi sono dato è che con così poco preavviso ed in un giorno lavorativo non potevo trovare nessuno per aiutarmi. In realtà so che la vera motivazione è un'altra. Temevo che sarebbe stato un po' doloroso impacchettare e rimuovere tutto, smontare pezzo per pezzo, imballare cose, vestiti, cianfrusaglie. Sentivo che mi sarebbe capitato tra le mani qualcosa che mi avrebbe fatto pensare, che avrei riscoperto qualche spettro nascosto in qualche cassetto o in qualche armadio. Così ho preferito fare da me, sapendo che sarebbe stato un grande impegno, anche dal punto di vista fisico, e vivendolo come una specie di espiazione, di catarsi, di pulizia interiore.

Mi sono preparato come si fa prima di una performance atletica: cena sostanziosa ed a letto presto la sera prima, poi sveglia di buon'ora e colazione abbondante. E così ho cominciato.

Mi ci sono volute circa 12 ore, nelle quali ho affrontato e risolto problemi di ogni tipo (come caricare sul furgone da solo una lavastoviglie che pesa circa 70kg?). Per il pranzo mi sono appoggiato alla mensa GSM, mentre la merenda l'ho fatta in autostrada alle 18:00, in autogrill.

Dopodiché ho bucato.

Viaggiavo a 120km/h sulla corsia di centro quando l'anteriore destra si è sgonfiata improvvisamente. Ho sbandato un po', ma sono riuscito ad arrivare incolume sulla corsia di emergenza. Dopo un attimo di sorpresa mi son diretto ad una piazzola ed ho pensato al dafarsi.

Primo grosso dubbio: ci sono gli attrezzi per cambiare la ruota? Rapida indagine: sembra di si.
Secondo dubbio: dovrò vuotare il cassone per recuperare la ruota? Altra indagine: fortunatamente no.
Ultimo dubbio: ci riuscirò? Proviamo!

Sempre all'insegna della solitudine ed anche di un leggero masochismo, mi accingo alla riparazione. Il lavoro si dimostra abbastanza duro: le ruote sono molto più pesanti di quelle di un'automobile, le viti sono 5 e non 4 e sono anche decisamente più grosse, il crick sembra ipertrofico ed ha una corsa esagerata. Il lavoro più duro è stato, alla fine di tutto, rimontare la ruota danneggiata nella sua sede, appena dietro il ponte posteriore.

Mi sono trovato sudato fradicio, a torso nudo, sporco dappertutto, sdraiato sull'asfalto rovente cercando di bloccare i due ganci che sostengono il telaietto della ruota di scorta. E qui mi è emersa una domanda rimasta latente per molto tempo. Ma dove sto andando?

Mi sono alzato ed ho guardato nel cassone. Sono solo cose, mi sono detto. Però tante cose acquistate, ricevute, rubate, accumulate in 3 anni per necessità, per poter un po' alla volta costruire una vita che potessi considerare, magari non "normale", ma almeno mia. Ci sono riuscito? Direi di no. Non è una sconfitta, è solo una constatazione. In questo tempo ho anche imparato molto e metterò a frutto queste conoscenze nella mia prossima vita. Per ora sto solo smantellando, cercando di essere ordinato e di non fare troppi danni, tutto ciò che ho accumulato, mettendo tutto metaforicamente in freezer, in modo che quando mi troverò a dover ripartire possa sfruttare qualcosa di ciò che ho avuto. Questo vale per le cose, ma soprattutto per le idee e per le esperienze.

Credo di averlo già scritto in qualche post precedente, da Legoland: il cambiamento è un crivello, aiuta a distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è, ed alleggerisce l'esistenza permettendo di portare con sé solo ciò che veramente conta. Putroppo da questo trasloco ho capito che ciò che veramente conta per me nella vita passata negli ultimi tre anni sono proprio poche cose. Poche poche. Ma proprio queste poche cose sono veramente molto importanti. Non avrebbe senso farne un elenco: ci sono alcune persone, ci sono conoscenze, ci sono attitudini ed esperienze, ci sono convinzioni ed ideali. E poi, forse la cosa principale, una coscienza molto più profonda di me stesso.

Quindi. Non so dove sto andando, ma so che ora ho delle buone radici per andare lontano, in qualunque direzione.

Ciao,

ENRICO

martedì 8 luglio 2008

Nella notte




Sono partito da Cassano con davanti 30km per tornare nel mio eremo. Le strade le conosco bene, ormai. Conosco le rotonde, le buche, le zone con la sabbia, so quando posso accelereare e quando è meglio rallentare. Riconosco i paesi dagli odori, dal colore delle luci dei lampioni. So dove i campi sono coltivati a graturco e dove a girasoli. Insomma, mi sento a casa. E' strano che me ne accorga solo ora che sto per andarmene. O forse è normale. E già so che mi mancheranno anche questi luoghi, nonostante li abbia anche odiati e disprezzati. Ora fanno parte di me, come tutti gli altri posti dove ho vissuto.

E, poiché sono a casa, sono vestito comodo. Un maglia con le maniche corte e calzoni leggeri. E' bello sentire il vento sulle braccia, rabbrividire anche, a volte, sentendo le vene d'aria fredda che calano dalle Alpi, seguendo invisibili solchi nella pianura.

Guidare la moto cercando l'equilibrio. Inserendo ogni marcia nell'attimo giusto, sentendo l'armonia con il mezzo meccanico, con la strada, con il vento. Prendendo ogni curva dolcemente, tendendosi appena, sentendosi schiacciare sulla sella per poi rilassarsi, lasciandola raddrizzare con una leggera accelerata. E guardare una falce di Luna incredibilmente rossa, rendendosi conto che forse tutto sta in questo. Nell'equilibrio, nell'armonia, nel prendere la strada - la vita - con il ritmo giusto. Rimanendo rilassato, ma lucido. Sapendo dove voglio andare, ma pronto a seguire deviazioni, e ad evitare ostacoli, se ce ne saranno. Ed anche a correre, qualche volta, per scappare da posti sgradevoli, o per andare verso destinazioni importanti.

E' forse una metafora che le motocicliste ed i motociclisti possono capire meglio degli altri.

Ora sono pronto a partire per il sud America: se avete dei dubbi guardate le bici qua sopra. Ispirano viaggio, movimento, avventura. E so di avere nelle gambe, ma soprattutto nella testa, le motivazioni e la concentrazione necessarie per la scoperta infinita che mi - ci - aspetta. 1300km sull'altipiano, pedalata dopo pedalata. Ed in ogni istante voglio avere occhi diversi. Niente deve essere scontato. Voglio vedere la realtà da tutti i punti di vista possibili, e tornare più saggio e maturo, ma con un'infantile voglia di vivere.

Ora vado a dormire, ed a sognare l'America.

ENRICO