domenica 27 luglio 2008

Argentina, giorno 4

Rieccoci per un racconto un po' piu' succoso del precedente.
Siamo a Volcan, sulla cordigliera, a 2000m. Come previsto stiamo lentamente risalendo la "cortisa" per raggiungere Abra Pampa, a circa 4000m. Abbiamo gia' fatto una piccola variazione sull'itinerario previsto: ci siamo concessi un giorno in piu' per visitare Jujui e per riodinare un po' il bagaglio e le idee, quindi abbiamo diviso in 3 giorni anziche' 2 la distanza di quasi 200km ed il dislivello cumolato di circa 1400m da coprire per raggiungere Purmamarca. In realta' il grosso della fatica l'abbiamo fatta ieri (100km) ed oggi (1000m di dislivello), domani ci rimane solo una cavalcata di 15 km per entrare a Purmamarca.
Immaginatevi la situazione. Siamo in un paesino raccolto intorno al "terminal" degli "autobuses". Una manciata di case, rigorosamente ordinate in una pianta a quadri come tutte le citta' argentine. Alcune casette carine, altre quasi in rovina. Tutte basse, ad un piano, e fuori da ognuna un "perro", che piu' che far la guardia, sta li' come elemento del paesaggio... Le strade sono tutte in terra battuta, le case di mattoni, di pietra, di cemento, di ogni colore possibile, sgarrupate ed appena dipinte. Tante ragazzine e ragazzini indios in giro. La differenza tra la popolazione di Salta e quella di queste zone e' evidente. Pelle scura, occhi grandi e neri, capelli lisci, corporatura snella, ma "compatta". Alcuni anziani, pochi uomini e donne.
Chiediamo in giro dove possiamo trovare un "quarto" e, tramite una rocambolesca srie di contatti, veniamo indirizzati alla sorella di uno che dovrebbe avere una stanza da darci. E cosi' e', la stanza e' pure carina ed ha perfino la doccia con l'acqua calda, ma per un attimo siamo stati pronti a montar la tenda ed accendere il fornelletto da campeggio...
Ora abbiamo anche cenato con due "milanesas" a testa, e siamo in un piccolo locale con tre pc che avranno dieci anni ed una connessione dial up condivisa. Per chi non sa cos'e' vi basti sapere che e' improponibile anche provare ad aggiungere foto a questo post, e che lo sto scrivendo via mail perche' non riesco ad aprire la pagina. Indosso il guscio antivento. Ci saranno circa 15 gradi dentro. Fuori saremo sugli 8.
E' un bel modo di viaggiare. Stiamo un po' alla volta entrando nello spirito giusto, dimenticando le convenzioni le incombenze della vita in Europa, per addentrarci in questo mondo nuovo e cos¡ diverso. Sentiamo che stiamo fisicamente entrando nel paesaggio e che, un po' alla volta, anche il castigliano diventa piu' facile da capire. I discorsi diventano piu' comprensibili e non perche' la nostra capacita' linguistica migliori (purtroppo...), ma perche' capiamo di cosa parla la gente di qui, quali sono i consigli che sente di darci e cosa vuole sapere dell'Italia.
Rapido resoconto della giornata. Questa mattina sveglia alle 8 a S. Salvador de Jujui in una bella pensione, con tante camere affacciate su un cortile interno coperto (cos¡ anche le bici hanno passato una notte sicura!). Colazione con mate (finalmente!) e pane burro e marmellata. Non particolarmente abbondante, ma sopperiremo. Preparazione dei bagagli (stiamo ancora cercando l'assetto migliore) e visita alla citta' con le bici scariche. Lungo il fiume incontriamo una chiassosa e coloratissima processione di ragazzi boliviani che cantando e ballando festeggiano un qualche santo, forse San Santiago. Passando da un negozio di biciclette cogliamo l'occasione per farci gonfiare un po' le gomme (con 35kg di zavorra sembrano sempre sgonfie, anche a 4,5bar...), e cos¡ facciamo consocenza con Mario, ciclista e meccanico di biciclette, che ci dispensa consigli sul percorso (portare 5 litri d'acqua a testa al giorno, sull'atipiano...) e ci mostra qualche foto di altri viaggiatori che son passati da l¡. Facciamo una foto con lui e rimaniamo d'accordo che gliela spediremo dall'Italia, cos¡ puo' appenderla in negozio.
Poi ci dirigiamo in piazza Belgrano, dove c'e' l'arrivo di una gara podistica, con tanti ragazzi e ragazze (forse piu' ragazze). Visitiamo l'Iglesia Catedral: ha il soffitto di legno, completamente affrescato, e tanti ex voto appesi alle pareti. E' graziosa. Uscendo passiamo attraverso un mercatino in miniatura. Nel senso che, pagando con soldi in miniatura (ottenuti cambiando soldi veri) si comprano minitore, miniquadri, minisoprammobili vari.
Attraversiamo il vero mercato di Jujui, con tante bancarelle di oggetti di artigianato. Chiaramente tantissima lana (di lama, vigogne, alpaca), tanto cuoio, legno. Ed anche un po' di dolci tipici che non ci lasciamo scappare (forse anche perche' la ragazza india che li vende e' carina e simpatica?). Ci mangiamo un panino in piazza ed adiamo a visitare il museo archeologico di alta montagna, dove, grazie alla grande disponibilita' della guardiana che ci fa da guida, scopriamo tante cose che ingoravamo sulla cultura di questi posti. Una su tutte: qui ogni valle vanta una propria preistoria originale, perche' il territorio impervio ha limitato i contatti tra le popolazioni. Cos¡ ci sono almeno 4 differenti culture che si intrecciano e sull'atipiano. Vedendo la scarsita' delle risosrse naturali e la durezza dell'ambiente, e' sorprendente vedere come abbiano sviluppato cultura e religione ad un livello tanto raffinato, che tutt'ora si trovano nella popolazione cristiana e culturalmente occidentale, forti richiami alla radici indigene.
Finita la visita attraversiamo la periferia della citta' (e' sempre pericoloso ed abbastanza faticoso) per raggiungere la Ruta 9. E qui ci mettiamo nuovamente in viaggio. E' una sensazione indescrivibile: ogni giorno e' come se fosse il primo, e per le prime pedalate sono in estasi pensando che questa strada mi portera' fino in Bolivia, attraverso paesaggi straordinari ed esperienze uniche...
La prima tappa e' Yala, un paesino che non e' segnato su nessuna cartina. Lo conosciamo grazie a Mariano ed Agnese, che hanno esplorato questi posti in lungo ed in largo. Arriviamo nel mezzo della sagra di San Santiago, ed incontriamo tanti cavalieri in vestiti tipici. Posteggiamo le bici insieme ai cavalli senza neanche legarle e ci sediamo sotto il portico di una piccola vecchia stazione a mangiar panadillas. La stazione e' abbandonata dal 94, quando hanno chiuso la ferrovia (che peccato, attraversa luoghi fantastici), ma il ferroviere che ci lavorarva vive ancora li' ed ora si occupa di ceramica, insieme al fratello. La moglie ha organizzato il rinfresco per la fiera. I panadillas sono ottimi e leggeri, giusto quello che ci vuole per due ciclisti. Il litro di birra in due che dobbiamo berci assieme e' un po' meno consigliato, ma fa niente, ce lo godiamo tutto. Parliamo per mezz'ora buona con Emilio il ferroviere e facciamo anche un po' di foto (che gli spediremo), ci invitiamo a vicenda in Italia ed in Argentina e poi ripartiamo, col sorriso sulle labbra ed una serenita' nuova in testa.
E' incredibile come sia facile entrare in contatto con le persone qui. Basta lasciar fare alla curiosita' di conoscersi.
Cominciamo a salire. La strada e' sinuosa e panoramica, il sole e' forte e l'aria polverosa, e si fa fatica a togliersi gli occhiali. Avvisitamo i primi camelidi: son due lama uno bianco ed uno rosso che dividono il recinto con un cavallo. Non si lasciano avvicinare, ma e' una bella impressione vederli dal vivo per la prima volta. Ci fermiamo ogni tanto a bere e mangiare ed a fare foto.
Arriviamo verso le 18 a Volcan, di cui vi ho gia parlato all'inizio.
Ora il locutorio chiude, quindi vado a dormire anch'io. Vi lascio con un ringraziamento per tutti i messaggi (mail e commenti) ricevuti. Li ho letti tutti e mi hanno fatto tanto piacere, spero che anche a voi sia piaciuto questo post. Rimanete in attesa di fotografie: presto arriveranno e saranno fantastiche, ma mai come essere qui dal vivo! ;-)
Ciao a tutti,
ENRICO

3 commenti:

Anonimo ha detto...

le pag del vostro blog sono diventate importanti come le ediz del tg e quando non trovo la pag del giorno sento gia' la crisi d'astinenza;la fame di notizie e d'informazioni etniche mi fa leggere e rileggere tutte le pag precedenti.buon viaggio!

Simone Nervi Photoblog ha detto...

Secondo me ve la state prendendo troppo comoda... più scattanti, non si dorme in camere o alberghi, ma sulla sella della bici (selle italia preferibilmente), mattina sveglia alle 5 con partenza immediata, 250/300 Km al giorno senza guardare in faccia nessuno e passando velocemente qualsiasi tipo di bellezza locale incontriate, di forma umana o paesaggistica che sia. Si mangia per via endovenosa (si dice così?) e nel giro di 4/5 giorni potete finire il tragitto pensato, così da passare il resto del viaggio a bere birra davanti ad una piscina circondati da mistici angeli ornamentali. Se avete qualcosa da ridire sulla mia idea, sapete dove trovarmi: davanti ad un monitor di computer chiuso a lavorare o a far altro in una piccola stanza in un piccolo agglomerato urbano chiamato Brescia. Diciamo che un poco vi invidio, tranne per il fatto della bici e di tutto quello che ne consegue...

Il commento non ha nessun riferimento a fatti e persone realmente esistite, e può non assumere senso se letto da una essere umano che non sia io.

Buona vacanza :) Simone

Anonimo ha detto...

concordo con simone. soprattutto per le selle italia: vi consiglio quelle bruciate. concordo anche sul fatto che dovete faticare un pò di più. anzi molto di più. e mi raccomando enrico aspettalo damiano ogni tanto. comunque un pò vi invidio anche io.
buona continuazione.
attendo notizie.

dio