martedì 29 aprile 2008

Cina, giorno 14



Di nuovo a Pudong, l'aereo per Milano decolla tra due ore. Come avrete potuto forse immaginare dall'assenza di post negli ultimi giorni, le giornate sono state molto intense, e da tutti i punti di vista.

Sono passato per una girandola di avventure che mi ha perfino stordito. Alcune da scrivere sul blog, alcune da raccontare a pochi eletti, altre infine da tenere per me come ricordo personalissimo e significativo di questo periodo della mia vita.

Certo, lo sfondo di tutto è sempre stata Pechino, ma ho attraversato zone tanto contrastanti da sembrare appartenere a paesi diversi. Passare dal quartiere storico di Hon Hai ai centri commerciali grandi come aeroporti, oppure dalle zone residenziali per ricchi occidentali ai quartieri popolari ad altissima densità della periferia, o ancora dai grandissimi e poco affollati parchi cittadini al centro fiera in occasione del salone dell'auto, fa venire le vertigini. Dal mio punto di vista Pechino è una vera grande città: grande perché è fatta da tante realtà diverse, interconnesse, intrecciate, ingarbugliate in un tessuto complesso, ma leggibile.

Questa volta ho avuto proprio l'occasione di vivere Pechino, grazie alla fondamentale assistenza di Fabio, il pioniere occidentale, e di Hong Bao, l'ambasciatrice orientale. Ho evitato senza fatica i richiami dei luoghi turistici, comprendendo in questi anche i mercati dell'elettronica e dei vari souvenir, mèta tanto ambita del visitatore dagli occhi tondi. Spero non me ne vorranno quelli che si aspettavano un gadget o un souvenir dall'oriente: non ero proprio in vena di shopping e mi sarebbe sembrato di banalizzare questo viaggio se avessi dovuto sacrificare una giornata per fare acquisti.

E poi a cosa avrei dovuto rinunciare? Ora vi racconto, almeno a grandi linee, ed in ordine sparso.

Abbiamo organizzato una partita di basket nel campus universitario di Renmin (cioè del popolo), con Lei (che, come alcuni sanno, gradisce i coleotteri) ed i suoi compari studenti. 4 contro 4: Fabio, Lei, l'altro ed io contro 4 locals determinati, ma, sopratutto, curiosi di confrontarsi con due europei che gli danno almeno 15 centimetri in altezza. Il playground, in stile americano, era uno di una batteria da 10, brulicante di ragazzi che, dopo le lezioni, giocano fino a quando fa buio. Il risultato non è importante, ma l'impressione che mi hanno dato si: avevano una voglia di giocare che io ho perso a 18 anni, quando ho cominciato l'università, e giocare a basket si è trasformato da un puro svago ad un impegno. Qui tutto è semplice: i campi sono a disposizione, le docce e gli spogliatoi sono aperti a tutti. Da noi praticare uno sport vuol dire cercare una squadra, spesso lontana da casa, organizzarsi per i trasporti e pagare per poter accedere alle strutture. E chissà quanti rinunciano proprio per questi motivi. Morale: la Cina non è mai stata famosa per la pallacanestro (in realtà per gli sport di squadra, in generale), ma ritengo che nei prossimi anni ci raggiungerà e supererà di slancio, anche su questo fronte.

Praticamente ogni sera abbiamo cenato con gli amici (in realtà quasi tutte amiche...) di Fabio ed HB, sempre in ristoranti da diversi distretti della Cina. In questi viaggi gastronomici non ho mai trovato un piatto che non mi piacesse, comprese le zampe di gallina ed i piedini di maiale. Ok, ok, sono un lavandino. Però la mia posizione penso sia condivisibile: se un piatto lo capisco, riesco ad interpretarne gli abbinamenti e le sfumature di sapore, magari abbinandolo alla zona d'origine, con i suoi prodotti caratteristici, allora me lo gusto e mi piace, anche se non rientra nella short list dei miei preferiti. E comunque ho scoperto alcuni piatti che mi hanno entusiasmato, e mi rammarico di non essere in grado di ricordarne il nome, perché so che sarà difficile riuscire a provarli nuovamente.

Siamo riusciti a tenere un giorno libero per la Visita al salone dell'auto, con Fabio. Il viaggio stesso per arrivarci è stato interessante. Abbiamo cambiato due linee di metropolitana ed un autobus, attraversando in superficie la periferia di Pechino, che mi ha soprpreso. In particolare mi aspettavo una situazione analoga a quella di Kuala Lumpur, con i grattacieli che lasciano il posto a case fatiscenti e poi a baracche, o a quella di Shangai, con i palazzoni da 30 piani sovrappopolati ed un po' inquietanti. Invece mi è parsa pulita ed ordinata (anche perché tutti i palazzi -tutti- sono stati riverniciati per le olimpiadi), pur se chiaramente mooolto popolosa. Della visita al salone riporto due fatti che mi sono rimasti impressi.
1) I produttori di auto cinesi, in numero soprendente, pari alla somma dei produttori da tutto il resto del mondo. Marche a noi ignote, che producono macchine fotocopia delle occidentali, ma vendendole ad un prezzo pari al 30%. Ma anche qualche prodotto orignale, spesso evidentemente non adatto ai nostri mercati perché esagerato nel lusso e nelle linee da fumetto, oppure perché estremamente spartano, con eventuali risparmi anche sugli aspetti legati alla sicurezza. Anche in questo però è solo questione di tempo, e poco.
2) Il diverso stile di marketing adottato dai produttori occidentali ed orientali. I primi con stand e modalità di comunicazione classici per questo genere di fiere, puntando tutto sul prodotto (auto e motori in sezione, filmati di prove sul campo,...). I secondi assolutamente eccentrici, con balli, canti, estrazioni di lotterie, tutto condito con musica a volume assordante, che allontana i visitatori occidentali ed attira inspiegabilmente quelli cinesi. Invece di proporre un prodotto, propongono uno stile di vita, che è dinamico, divertente, costellato di opportunità, e passa attraverso il possesso di un automobile.
A proposito: a Pechino ogni giorno ci sono 1300 nuovi proprietari di automobili. Riuscite ad immaginare questo esercito in continua crescita? Io no.

Ho avuto la fortuna di visitare anche il centro esposizioni 798. Questa è una ex zona industriale riadattata (non proprio ristrutturata) per ospitare gallerie d'arte. L'atmosfera è sugestiva: capannoni da archeologia industriale, con gallerie interrate, passerelle in acciaio, ciminiere, piazzali. Ed all'interno una moltitudine di spazi scomposti, divisi, ambienti piccoli o vasti, in cui si trovano opere d'arte di ogni tipo. Alcune esposizioni mi paiono oggettivamente di cattivo gusto, talvolta anche banali o pretestuose. Altre invece mi sembrano originali ed interessanti. Tra queste una su Pechino, che interpreta e drammatizza i cambiamenti attraverso cui è passata la città negli ultimi anni, con fotografie, sculture, collage e dipinti. Sono guidato nella visita da una Beatrice orientale, Lu Wei, che mi spiega anche un po' la storia moderna del luogo: dice che originariamente questo era un posto in cui gli artisti vivevano e creavano, isolati in un mondo tutto loro. Con il passare degli anni e l'aumento del valore del terreno gli affitti hanno raggiunto livelli non più popolari, ed oggi nessuno può più permettersi di vivere in questa zona, che viene invece solo usata per esposizioni. Lu Wei viene qui di frequente perché le esposizioni cambiano e c'è sempre qualcosa di nuovo da vedere. Inoltre le piace fare fotografie e qui c'è materiale in abbondanza.

I parchi mi hanno sorpreso. Il ricordo che conservavo di Pechino, legato alla visita di due anni fa era quello di una città grigia, senza spazi verdi. Invece non è così, ci sono numerosi parchi, alcuni liberamente accessibili, altri a pagamento, tutti con laghi con pesci Feng Shui (ebbene sì, anche il colore dei pesci è importante!), tanti alberi ed erba ben rasata. Invoglierebbero a sdraiarsi, a giocare a calcio o ad organizzare pic nic. Invece i cinesi li vivono in maniera tutta diversa: passeggiano, ma solo sui vieletti, si dedicano alla calligrafia scrivendo per terra con dei grossi pennelli imbevuti d'acqua, ballano coreografie che a me paiono un po' ridicole, ma armoniche. Comunque tutti fanno qualcosa, non si vede nessuno che dorme su una panchina o che si riposa nell'erba. Ho passato un pomeriggio nel parco di Bei Hai in compagnia di HB e Lu Wei, e nel tardo pomeriggio ci ha raggiunto anche Fabio. Con lui ci arrampichiamo fino sulla sommità della torre del tempio buddhista (trasgredendo ai numerosi divieti) e ci godiamo un bel tramonto sulla città visto dall'alto, finché il guardiano non ci sorprende. La pioggia dei giorni precedenti ha lavato l'aria ed il panorama è fantastico: i pochi minuti passati nascosti dietro una balaustra della torre a guardare il panorama sono uno dei ricordi più belli di questo viaggio.

E' stato bellissimo anche il pomeriggio passato nel parco dell'università facendo un pic nic e giocando a frisbee, a volano e a calcio, insieme a due amici e tante amiche. E qui si apre un discorso che devo portare avanti a quattr'occhi con un paio di maschietti italiani.

Il racconto potrebbe continuare ancora per molto, ma ora avete un assaggio, e questo era quello che mi premeva. Sono ormai sull'aereo e tra poche ore atterrerò a Milano, devo dormire almeno un po' per prepararmi alla giornata in ufficio, domani, ed al viaggio per la Danimarca, in serata.

Prima di spegenre il pc volevo lasciare un'ultima annotazione sugli abitanti della Cina. In questo viaggio ho conosciuto in ambiti diversi e in diversi posti, molte persone e penso di poter estrarre delle linee comuni da queste conoscenze. I Cinesi sono persone curiose, disponibili, affidabili. Per me passare del tempo con loro è stata una continua, piacevole, sorpresa. Se vogliamo, questo viaggio mi ha fatto aprire gli occhi, mi ha proposto continuamente esperienze stimolanti ed appaganti dal punto di vista umano. Per questo consiglio a tutti di cogliere ogni occasione per passare del tempo in Cina, cercendo di vivere la visita come un'avventura culturale.

Ciao a tutti,

ENRICO

PS: Aggiungo questo ultimo paragrafo lunedì, dopo essere tornato a contatto con l'Italia, ed avendo scambiato pareri a diversi livelli della situazione in patria. Appena arrivato sono stato subito messo di fronte ai problemi tutti italiani: il nuovo governo, la sicurezza, la gestione dell'immigrazione, l'inflazione galoppante, i salari troppo bassi,... L'impressione che ho adesso è che siamo impantanati in un'autocommiserazione cronica, che seppur parzialmente giustificata dai fatti, non porta da nessuna parte e spinge solo all'individualismo, ed alla rinuncia al miglioramento della società, che comincia e finisce con il miglioramento delle persone che la compongono. Mi sembra che tutti questi problemi non siano nient'altro che il mascheramento di un problema unico di fondo, ben più grave e difficile da risolvere: la mancanza di entusiamo, di spinta creativa e di voglia di migliorarsi, anche causato dalla mancanza di identificazione in un progetto comune, che sia nazionale, regionale o locale. Crogiolarsi in questa apatia ancora a lungo avrà solo effetti negativi sulla situazione. Bisognerebbe riuscire a pensare al futuro ed ai veri grandi problemi che si prospettano all'orizzonte (inquinamento, questione energetica, invecchiamento della popolazione,...) e smetterla di perdere tempo in quisquiglie e problemucoli che, sono convinto, si risolverebbero da soli se avessimo un'economia, una politica ed una società sane e dinamiche.

Attendo pareri!

martedì 22 aprile 2008

Cina, giorno 10

Buongiorno.

Questa mattina sono nello studio di Fabio ed Hong Bao e mi prendo qualche minuto per registrare un paio di impressioni maturate nel fine settimana.

Venerdì sera, appena arrivato dall'aeroporto, ancora con la cravatta, mi sono incontrato con i miei ospiti cinesei ad una festa di matrimonio di due ragazzi francesi. La festa era in un Hutong, la tipica abitazione cinese prima del boom economico. Si tratta di una corte, con case ad un piano, dove vivono in comunità una o più famiglie, condividendo gli spazzi comuni. Sono posti ricchi di fascino e che comunicano una storia lunga secoli. Insomma, l'ambientazione era veramente suggestiva. Posti come questi sono chiaramente molto ambiti dagli investitori occidentali, e questo ha fatto lievitare i prezzi con una velocità incredibile. Ormai le tipiche e storiche dimore cinesi proletarie sono acquistabili solo da occidentali o da ricchi magnati: quale strano destino, dal cuore del comunismo a quello del capitalismo, nello spazio di due decenni! Di nuovo: la Cina è un paese di grandi contrasti.

La festa era quasi terminata, tempo di conoscere qualcuno e salutare tutti, e poi siamo siamo andati a mangiare qualcosa in un ristorante con cucina di Xian, città natale di Hong Bao. Mi sorprende sempre entrare in un locale in Cina. Immaginate la scena. Una strada infinita, costeggiata senza soluzione di continuità da locali di ogni tipo, negozi, ristoranti, botteghe, tutti composti da una sola stanza, che spesso assomiglia ad un corridoio. Sono tutte case ad un piano, a volte ci sono insegne, a volte no, ma comunque non sono interpretabili da un occhio occidentale. Aggiungete tante persone, che camminano, pedalano, trasportano ogni tipo di merce in ogni direzione, escono ed entrano da invisibili porticine, lasciando intravedere scorci di cortili in terra battuta. Io, da occidentale, farei molta fatica a trovare un posto dove mangiare qualcosa. Lezione: ci vuole un occhio orientale o un grande allenamento per "leggere" le città cinesi, soprattutto nelle aree dove ancora si mantiene lo spirito originale. Comunque, i miei due Virgilii mi gidano a colpo sicuro nel ristorante di Xian e ci mangiamo due panini a metà strada tra Hamburger e Kebab ed una scodella di tagliolini con brodo piccante e tante cose dentro. Molto buoni.

Il giorno dopo, Sabato, è stata una giornata tranquilla. Abbiamo fatto una grande colazione con calma, poi ci siamo incontrati nel pomeriggio con il cuggino di HB che è vento da Shangai per visitare il salone dell'auto (Fabio sta aiutandomi a trovare il modo di andarci). E' uno dei soci, insieme alla zia di HB in un'azienda che vende parti di ricambio per auto, hanno sedi in due grandi città e si occupano direttamente dell'importazione dei ricambi dall'estero. E' stato interessante anche parlare con lui.

La sera siamo usciti a cena con altri amici in un bellissimo ristorante sul tetto di un Hutong, nella zona di Hou Hai. Qui si sono aggiunti alla compagnia un paio di ragazze ed un ragazzo, tutti architetti, tutti al lavoro nei grandi studi della citta', uno di loro tiene anche un corso all'universita'. Tutti molto impegnati e con le idee molto chiare sul futuro.

Il confronto con loro mi ha fatto riflettere: perche' ora non riesco a trovare uno stimolo forte per investire tutte le mie risorse in un progetto lavorativo? E, a quanto pare, non sono neanche l'unico. Forse il nostro mondo occidentale patinato non e' cosi' pieno di stimoli ed opportunita' come pensiamo. Forse il benessere, la sicurezza economica, la bambagia sociale nella quale sono cresciuto ha ottundito la mia intraprendenza e senso dell'avventura. Certo, qui e' tutto in divenire, un ribollire continuo di progetti, idee, novita' in ogni settore. Da noi sembra tutto statico, in confronto.

La soluzione, forse. Tornare in Italia con la consapevolezza dei limiti e delle prospettive della mia situazione e tirarsi su le maniche, non per affrontare progetti completamente nuovi e rivoluzionari, ma lavorando di cesello. Individuare con pazienza e determinazione, giorno per giorno, nuovi obiettivi di miglioramento in quegli ambiti che conosco bene e nei quali so di poter lavorare con profitto. La soddisfazione verra' dalla puntualita' e precisione con cui raggiungero' gli obiettivi che mi pongo, e dalla consapevolezza di aver fatto qualcosa per migliorare il mondo in cui vivo.

Che ne pensate?

Ciao,

ENRICO

lunedì 21 aprile 2008

Cina, giorno 5

Eccomi qui. Sono in aeroporto a Quingdao ed avrò un po’ da aspettare: in Cina come anche in Europa il venerdì sera tutti i voli sono in ritardo di almeno un’ora. Comunque è poco male: spesso apprezzo la pause forzate nei viaggi di lavoro perché sono una scusa per prendere un po’ fiato e ripensare con calma a quello che si è fatto e che rimane da fare. E poi l’aeroporto è molto bello, pulito, ordinato e ben illuminato. Rimango sempre un po’ sconcertato dal fatto che gli aeroporti italiani siano i peggiori nei quali abbia mai volato.

Oggi termina la prima parte del mia avventura in oriente: i 5 giorni lavorativi sono passati e da stasera comincio ufficialmente la mia settimana (che poi sono 10 giorni…) di ferie a Pechino. Dal punto di vista lavorativo il bilancio è positivo, anche se il viaggio non è stato molto produttivo. Se fossi stato nel direttore avrei deciso di lasciare qualcuno per 15 giorni in Cina, con il compito non solo di iniziare il lavoro, ma di portarlo a termine con un risultato positivo. Invece, all’insegna della solita frenesia, abbiamo dovuto cambiare 3 città in 5 giorni, aprendo mille discorsi che saranno comunque da gestire dall’Italia. Per il capo il lavoro è terminato, per me comincerà appena scendo dalla scaletta a Malpensa. Questa ingiustificata (per me) ricerca della velocità e del risultato in tempi brevissimi è una delle motivazioni che ultimamente mi rendono poco sopportabile il mio lavoro. Se avessi le stesse motivazioni di due anni fa, probabilmente ora starei scrivendo uno dei numerosi report che dovrò presentare, ed invece sto scrivendo sul blog…

Lascio Quingdao con due impressioni forti. La prima è la sorpresa nel trovare una città all’avanguardia da molti punti di vista, e che con la scusa delle Olimpiadi, sta incrementando ulteriormente le proprie attrattive. Nonostante i numerosissimi cantieri, la città rimane molto vivibile, pulita, ordinata. Nonostante il traffico gli spostamenti non sono difficili, né lunghi. Nonostante i 9 milioni di abitanti, la spiaggia (lunga 40km) è perfettamente pulita e l’acqua del mare è trasparente. Certamente si trovano quartieri difficili da accettare come residenziali per un occhio occidentale, ma ad un livello superiore a quello di altre città dell’estremo oriente.

La seconda impressione, la più importante, riguarda gli abitanti della Cina. Anche discutendone con i colleghi, si è radicata in me la convinzione che nei prossimi anni avremo certamente da confrontarci con la loro determinazione e la loro spregiudicatezza. Non dico che dovremo temerli, ma dovremo sicuramente smettere di considerarli come disciplinate formiche che necessitano di una guida forte per poter costruire qualcosa di importante. Bisogna cominciare a collaborare seriamente con loro, aiutandoli a crescere e legando a doppio filo le nostre grandi compagnie occidentali con le loro immense fabbriche orientali. Solo così potremo sperare in una crescita, se non armonica, almeno bilanciata. Cercare di tenere salda in occidente la conoscenza tecnica e direzionale è un’utopia, servirebbe solo a ritardare di poco la nascita di nuovi concorrenti, avvantaggiati dalle caratteristiche del mercato. Usarli come meri esecutori, manovalanza a basso costo, fa perdere all’occidente conoscenze tecniche maturate in decenni di industrializzazione (che non si riuscirà più a recuperare), ci mette in una condizione di dipendenza totale e li costringe a sviluppare localmente le competenze necessarie a gestire business internazionali. Bisogna collaborare, esportando il modo di vivere e di lavorare occidentale e mettersi in gioco per competere con loro in tutti i campi.

Un esempio. Qui, nelle fonderie, si lavora ancora su due turni. Di 12 ore l’uno. Però non sarà così per sempre. Quando anche loro arriveranno ad avere una settimana lavorativa di 40 ore, bisognerà contare le aziende occidentali che sono riuscite a tenere testa alla loro concorrenza. Prima arrivano al nostro livello di sviluppo e prima saremo in una condizione di confronto alla pari.

Come fare per accelerare questo processo? Altro esempio. In Cina si possono vendere solo prodotti cinesi, a meno di non pagare tasse elevatissime. Questo per proteggere il loro mercato. In occidente dovremmo allora pretendere che tutti i prodotti importati siano ottenuti nel rispetto delle regole civili e dei diritti umani, per proteggere la nostra civiltà. Invece i mercati guardano solo il vantaggio momentaneo ed effimero dell’acquisto di componenti a basso costo.

E così, mentre i lavoratori della fonderia fanno la loro mezz’ora di pausa nel turno di 12 ore seduti nel piazzale polveroso, i dirigenti ci portano a pranzo al Golf Club, dove una moltitudine di finanziatori da tutto il mondo si gode ottimi piatti internazionali in un atmosfera raffinata ed elegante.

Far finta di non avere bene in testa il quadro completo sarebbe un’ipocrisia inaccettabile. Quindi dovrò ben riflettere anche su questo per decidere che lavoro fare in futuro.

Ora cambio argomento. In questi giorni ho avuto occasione di leggere il China Daily, quotidiano nazionale cinese in lingua inglese. Gli articoli sul Tibet si collocano a metà strada tra il delirante ed il grottesco. Dipingono frotte di tibetani inferociti che assaltano poveri pionieri cinesi indifesi. Il Dalai Lama risulta alternativamente un povero pazzo, completamente isolato rispetto ai suoi connazionali, oppure un terrorista al pari di Bin Laden, con in testa un chiaro disegno di annientamento della Cina. Arrivano a chiedersi perché, se le sue richieste sono giuste e condivisibili, 50 anni fa è scappato dalla Cina ed ora rimane nascosto all’estero, invece di tornare in patria a discuterne civilmente. Le cose più sorprendenti di questi articoli sono:

1) la frequente mancanza di riferimenti precisi ed oggettivi a fatti;
2)
la firma degli articoli, spesso senza nome, ma con l’indicazione di cariche fantomatiche. Forse la migliore: “membro del consiglio superiore per lo studio dei diritti umani”, ma cos’è lo studio sui diritti umani???;
3) La smaccata presentazione di opinioni in articoli che dovrebbero essere di cronaca.

Chiaramente sono messi all’indice anche i "pochissimi" paesi occidentali che si sono fatti abbindolare dalla commedia del Dalai Lama. Discuterò di questo anche con Fabio, che di sicuro ha idee più approfondite di me in materia e vi farò sapere quali sono le nostre conclusioni.

Ora sembra che stiano chiamando il mio volo, quindi mi preparo all’imbarco.

Ciao a tutti,

ENRICO

PS: se non mi vede ritornare vuol dire che hanno intercettato questo post e mi hanno arrestato come dissidente tibetano. Manifestate per me!

Cina, giorno 4

Ueilà!

Non so perché, ma oggi riesco a collegarmi alla pagina del blog. In compenso non posso più accedere alle mie mail, né quella del lavoro, né quelle su google, né quella su libero. Boh?

Finalmente sto recuperando dai giorni scorsi passati a viaggiare in giro per l'est asiatico. Oggi sono riuscito a visitare Quingdao, con il villagio olimpico in costruzione e le casette del centro.

Ma non vi parlerò di questo.

Anzitutto volevo dedicare un paio di paragrafi al cibo perché penso che ne valga la pena. La cucina cinese mi piace perché è varia. Ci si trova di tutto sia come sapore (dall'agrodolce allo speziatissimo, passando per il delicato), sia come ingredienti (animali - ...tutti... - vegetali, funghi, formaggi).

Ieri sera è stata la migliore cena da quando siamo qui. I ristoranti migliori sono organizzati con una serie di sale autonome con uno o due camerieri sempre a disposizione. Immaginate che per ospitare qualche centinaio di persone sono necessarie almeno una ventina di sale: il ristorante diventa in realtà un intero palazzo di più piani! Per rendere l'idea dell'ambientazione: avete presente nei film quando si vedono gli incontri tra cosche di mafia cinesi? Ecco!

Qui, in mezzo ad un grande tavolo rotondo, portano numeroze pietanze appoggiandole su un disco di vetro girevole. Tutti attingono dal disco ciò che preferiscono, facendolo ruotare (sempre in senso orario) per passare ad altre portate. Il cibo non è esattamete come quello che si può trovare in ristoranti cinesi in Italia: la varietà è molto maggiore e si trovano molti animali interi cucinati in varia maniera. Insomma, roba per stomaci forti... Ed io non sono uno che si tira indietro, come qualcuno sa...

L'unico punto debole è che non ci sono piatti semplici o poco elaborati: sono tutti cucinati con salse varie, o fritti, e già so che tra qualche giorno comincierà a mancarmi un semplicissimo piatto di pasta al pomodoro. Ma per allora sarò già a Pechino con Fabio e potremo porre rimedio a questo, organizzando una cena italiana.

Fine del capitolo sul cibo, ma to be continued.

In questo viaggio ho conosciuto molti cinesi, soprattutto colleghi/e. La cosa che più mi ha sorpreso è il connubbio di una grande competenza con tanta voglia di fare ed un'infinita disponibilità. Questi tre elementi insieme in Italia sono difficilissimi da trovare nella stessa persona, pensateci un po' e ditemi se non è vero. Un'altra cosa per me sorprendente è la preponderante presenza femminile soprattutto negli uffici, anche in ruoli tecnici. Ho conosciuto diverse ragazze, anche più giovani di me, molto in gamba e che ricoprono ruoli di grande importanza. Ed anche molto carine. Ma questo è un altro discorso... Molti mostrano una grande attitudine alla soluzione dei problemi, anche senza avere competenze specifiche o supporto da uno staff. Insomma persone intraprendenti e dinamiche. Morale? 1) Se non ci diamo una mossa finiamo tutti a lavorare come camerieri in pizzeria. 2) Mi piacciono le ragazze cinesi.

Oggi ho visitato una fonderia a cera persa. Lavorano su due turni. Di 12 ore ciascuno. Beh, i macchinari sono veramente all'avanguardia e la struttura non ha niente da invidiare alle fabbriche occidentali, però gli operai hano gli occhi un po' spenti...

Lezione n°1 sulla Cina: è un paese con enormi contrasti interni. I ricchi sono veramente ricchi ed i poveri veramente poveri. Il cibo può essere mooolto piccante o delicatissimo. Le ragazze sono infinitamente fini ed aggraziate, ma quando mangiano risucchiano e sputano nel piatto. Si possono trovare le più antiche tradizioni, affiancate dalle più moderne tecnologie: come i vecchietti che fanno Tai Chi Chuan sotto gli schermi luminosi delle pubblicità dei grattacieli.

Per questo è un paese affascinante. Vi dirò nei prossimi giorni se mi potrei trasferire qui o no. Adesso proprio non saprei.

Domani vedo Fabio ed Hong Bao!!!

Ciao a tutti,

ENRICO

giovedì 3 aprile 2008

Voglio una vita...


Ciao a tutti,

rieccomi su queste pagine per raccontarvi di un episodio significativo della direzione che sta prendendo la mia vita.

Ieri sera ho estemporaneamente deciso di andare a cena da Carlo e Stefi. Viaggio al limite. Un'ora e 15 minuti nel traffico milanese. Il motore della Bravo si scalda. E man mano si scalda le marce diventano più dure da inserire. In piazzale Udine la prima non entra più. Parto in seconda. A Lambrate non entra più neanche la seconda. Così guido in terza a velocità costante fino in via Bazzini, sbaglio strada 10 o 15 volte, ma alla fine ce la faccio. Parcheggio con 3cm di gioco tra le mie portiere e quelle delle auto adiacenti, esco dal baule.

Cena molto piacevole, come sempre. Fratellone e cognatina sono troppo forti ed affiatati, è proprio bello vederli insieme. Risotto con il gorgonzola ed insalata grecheggiante. Birra e caffè. Perfetto.

Parto presto per tornare in eremitaggio a Roncello: voglio andare a letto per tempo perché devo recuperare un po' di sonno accumulata dal recente viaggio in Ungheria.


Alle 0:00 sono sotto casa, cerco le chiavi. Frugo e rifrugo, controllo sotto i tappetini, ma niente. Proprio non ci sono. Si affaccia un pensiero: le ho lasciate in ufficio.


Situazioni come questa mi sono capitate a dozzine negli ultimi mesi, quindi niente problemi: con lucidità escogito un piano. Torno in ditta, parcheggio la macchina in posizione strategica, motore acceso e porta del guidatore aperta e mi preparo all'assalto. Entro da una porta antincendio di cui ho le chiavi, facendo scattare l'allarme. Da questo momento so che ho circa 5 minuti di tempo prima dell'intervento della vigilanza notturna, che è solita sparare a qualuncuqe cosa si muove. Con la luce del cellulare mi faccio strada negli uffici, dirigendomi sicuro alla mia scrivania. Sono tranquillo ed efficiente, cerco sulla scrivania, niente, nei cassetti, niente. Il tempo passa. Non posso attendere oltre, prendo la borsa del PC, confidando che dentro ci sarebbero state le chiavi, ed esco precipitosamente. Scendo le scale antincendio, salto in macchina e parto sgommando, inseguito solo dalla sirena dell'allarme che ormai suona da 4 minuti.


Torno sotto casa e controllo nella borsa del pc. Dannazione. Niente chiavi. Ora però sono proprio stanco: sarà il calo di tensione, sarà che ormai è l'una di notte. Allora decido di dormire in macchina. Sono in giacca e cravatta, quindi so che avrò freddo, ma ho passato notti ben peggiori. Mi preparao un giacilio sui sedili posteriori e mi addormento di sasso.


Alle 2:30 mi sveglio per il freddo, accendo il motore e scaldo un po' l'abitacolo. Continuo a dormire.


Alle 3:30 mi sveglio e non riesco più a prendere sonno. Che fare? Decisione impulsiva: torno a Brescia, nel mio letto morbido e caldo. Così comincia un viaggio allucinante, le luci dell'autostrada che corrono veloci lasciando delle curiose scie luminose sulla mia retina. Non so più se dormo o sono sveglio. A volte ho l'impressione di andare velocissimo, a volte mi sembra di essere fermo e mi scopro a 160km/h. Lavori in corso a Palazzolo, risalendo il cantiere assisto a tutte le fasi del lavoro. Prima gigantesche frese mangia-asfalto asportando lo strato bituminoso dalle carreggiate. Poi ciclopiche asfaltatrici vomitano un fiume di catrame nel solco. Infine branchi di compressori livellano e lisciano tutto.


Brescia ovest, tangenziale, via Cremona, scale, letto. Tutto come in un sogno. Sono le 4:10.


Stamattina sveglia alle 8:00 ed alle 9:05 timbravo l'inizio di una nuova ed emozionante giornata di lavoro. Ed anche qui ci sarebbe molto da dire, ma sono troppo stanco. Ora vado a dormire una notte intera in uno dei miei letti veri.


Buonanotte!


ENRICO

PS: le chiavi erano nella conference room, le ho trovate questa mattina.


PPS: non è normale tutto questo, vero??