martedì 29 aprile 2008

Cina, giorno 14



Di nuovo a Pudong, l'aereo per Milano decolla tra due ore. Come avrete potuto forse immaginare dall'assenza di post negli ultimi giorni, le giornate sono state molto intense, e da tutti i punti di vista.

Sono passato per una girandola di avventure che mi ha perfino stordito. Alcune da scrivere sul blog, alcune da raccontare a pochi eletti, altre infine da tenere per me come ricordo personalissimo e significativo di questo periodo della mia vita.

Certo, lo sfondo di tutto è sempre stata Pechino, ma ho attraversato zone tanto contrastanti da sembrare appartenere a paesi diversi. Passare dal quartiere storico di Hon Hai ai centri commerciali grandi come aeroporti, oppure dalle zone residenziali per ricchi occidentali ai quartieri popolari ad altissima densità della periferia, o ancora dai grandissimi e poco affollati parchi cittadini al centro fiera in occasione del salone dell'auto, fa venire le vertigini. Dal mio punto di vista Pechino è una vera grande città: grande perché è fatta da tante realtà diverse, interconnesse, intrecciate, ingarbugliate in un tessuto complesso, ma leggibile.

Questa volta ho avuto proprio l'occasione di vivere Pechino, grazie alla fondamentale assistenza di Fabio, il pioniere occidentale, e di Hong Bao, l'ambasciatrice orientale. Ho evitato senza fatica i richiami dei luoghi turistici, comprendendo in questi anche i mercati dell'elettronica e dei vari souvenir, mèta tanto ambita del visitatore dagli occhi tondi. Spero non me ne vorranno quelli che si aspettavano un gadget o un souvenir dall'oriente: non ero proprio in vena di shopping e mi sarebbe sembrato di banalizzare questo viaggio se avessi dovuto sacrificare una giornata per fare acquisti.

E poi a cosa avrei dovuto rinunciare? Ora vi racconto, almeno a grandi linee, ed in ordine sparso.

Abbiamo organizzato una partita di basket nel campus universitario di Renmin (cioè del popolo), con Lei (che, come alcuni sanno, gradisce i coleotteri) ed i suoi compari studenti. 4 contro 4: Fabio, Lei, l'altro ed io contro 4 locals determinati, ma, sopratutto, curiosi di confrontarsi con due europei che gli danno almeno 15 centimetri in altezza. Il playground, in stile americano, era uno di una batteria da 10, brulicante di ragazzi che, dopo le lezioni, giocano fino a quando fa buio. Il risultato non è importante, ma l'impressione che mi hanno dato si: avevano una voglia di giocare che io ho perso a 18 anni, quando ho cominciato l'università, e giocare a basket si è trasformato da un puro svago ad un impegno. Qui tutto è semplice: i campi sono a disposizione, le docce e gli spogliatoi sono aperti a tutti. Da noi praticare uno sport vuol dire cercare una squadra, spesso lontana da casa, organizzarsi per i trasporti e pagare per poter accedere alle strutture. E chissà quanti rinunciano proprio per questi motivi. Morale: la Cina non è mai stata famosa per la pallacanestro (in realtà per gli sport di squadra, in generale), ma ritengo che nei prossimi anni ci raggiungerà e supererà di slancio, anche su questo fronte.

Praticamente ogni sera abbiamo cenato con gli amici (in realtà quasi tutte amiche...) di Fabio ed HB, sempre in ristoranti da diversi distretti della Cina. In questi viaggi gastronomici non ho mai trovato un piatto che non mi piacesse, comprese le zampe di gallina ed i piedini di maiale. Ok, ok, sono un lavandino. Però la mia posizione penso sia condivisibile: se un piatto lo capisco, riesco ad interpretarne gli abbinamenti e le sfumature di sapore, magari abbinandolo alla zona d'origine, con i suoi prodotti caratteristici, allora me lo gusto e mi piace, anche se non rientra nella short list dei miei preferiti. E comunque ho scoperto alcuni piatti che mi hanno entusiasmato, e mi rammarico di non essere in grado di ricordarne il nome, perché so che sarà difficile riuscire a provarli nuovamente.

Siamo riusciti a tenere un giorno libero per la Visita al salone dell'auto, con Fabio. Il viaggio stesso per arrivarci è stato interessante. Abbiamo cambiato due linee di metropolitana ed un autobus, attraversando in superficie la periferia di Pechino, che mi ha soprpreso. In particolare mi aspettavo una situazione analoga a quella di Kuala Lumpur, con i grattacieli che lasciano il posto a case fatiscenti e poi a baracche, o a quella di Shangai, con i palazzoni da 30 piani sovrappopolati ed un po' inquietanti. Invece mi è parsa pulita ed ordinata (anche perché tutti i palazzi -tutti- sono stati riverniciati per le olimpiadi), pur se chiaramente mooolto popolosa. Della visita al salone riporto due fatti che mi sono rimasti impressi.
1) I produttori di auto cinesi, in numero soprendente, pari alla somma dei produttori da tutto il resto del mondo. Marche a noi ignote, che producono macchine fotocopia delle occidentali, ma vendendole ad un prezzo pari al 30%. Ma anche qualche prodotto orignale, spesso evidentemente non adatto ai nostri mercati perché esagerato nel lusso e nelle linee da fumetto, oppure perché estremamente spartano, con eventuali risparmi anche sugli aspetti legati alla sicurezza. Anche in questo però è solo questione di tempo, e poco.
2) Il diverso stile di marketing adottato dai produttori occidentali ed orientali. I primi con stand e modalità di comunicazione classici per questo genere di fiere, puntando tutto sul prodotto (auto e motori in sezione, filmati di prove sul campo,...). I secondi assolutamente eccentrici, con balli, canti, estrazioni di lotterie, tutto condito con musica a volume assordante, che allontana i visitatori occidentali ed attira inspiegabilmente quelli cinesi. Invece di proporre un prodotto, propongono uno stile di vita, che è dinamico, divertente, costellato di opportunità, e passa attraverso il possesso di un automobile.
A proposito: a Pechino ogni giorno ci sono 1300 nuovi proprietari di automobili. Riuscite ad immaginare questo esercito in continua crescita? Io no.

Ho avuto la fortuna di visitare anche il centro esposizioni 798. Questa è una ex zona industriale riadattata (non proprio ristrutturata) per ospitare gallerie d'arte. L'atmosfera è sugestiva: capannoni da archeologia industriale, con gallerie interrate, passerelle in acciaio, ciminiere, piazzali. Ed all'interno una moltitudine di spazi scomposti, divisi, ambienti piccoli o vasti, in cui si trovano opere d'arte di ogni tipo. Alcune esposizioni mi paiono oggettivamente di cattivo gusto, talvolta anche banali o pretestuose. Altre invece mi sembrano originali ed interessanti. Tra queste una su Pechino, che interpreta e drammatizza i cambiamenti attraverso cui è passata la città negli ultimi anni, con fotografie, sculture, collage e dipinti. Sono guidato nella visita da una Beatrice orientale, Lu Wei, che mi spiega anche un po' la storia moderna del luogo: dice che originariamente questo era un posto in cui gli artisti vivevano e creavano, isolati in un mondo tutto loro. Con il passare degli anni e l'aumento del valore del terreno gli affitti hanno raggiunto livelli non più popolari, ed oggi nessuno può più permettersi di vivere in questa zona, che viene invece solo usata per esposizioni. Lu Wei viene qui di frequente perché le esposizioni cambiano e c'è sempre qualcosa di nuovo da vedere. Inoltre le piace fare fotografie e qui c'è materiale in abbondanza.

I parchi mi hanno sorpreso. Il ricordo che conservavo di Pechino, legato alla visita di due anni fa era quello di una città grigia, senza spazi verdi. Invece non è così, ci sono numerosi parchi, alcuni liberamente accessibili, altri a pagamento, tutti con laghi con pesci Feng Shui (ebbene sì, anche il colore dei pesci è importante!), tanti alberi ed erba ben rasata. Invoglierebbero a sdraiarsi, a giocare a calcio o ad organizzare pic nic. Invece i cinesi li vivono in maniera tutta diversa: passeggiano, ma solo sui vieletti, si dedicano alla calligrafia scrivendo per terra con dei grossi pennelli imbevuti d'acqua, ballano coreografie che a me paiono un po' ridicole, ma armoniche. Comunque tutti fanno qualcosa, non si vede nessuno che dorme su una panchina o che si riposa nell'erba. Ho passato un pomeriggio nel parco di Bei Hai in compagnia di HB e Lu Wei, e nel tardo pomeriggio ci ha raggiunto anche Fabio. Con lui ci arrampichiamo fino sulla sommità della torre del tempio buddhista (trasgredendo ai numerosi divieti) e ci godiamo un bel tramonto sulla città visto dall'alto, finché il guardiano non ci sorprende. La pioggia dei giorni precedenti ha lavato l'aria ed il panorama è fantastico: i pochi minuti passati nascosti dietro una balaustra della torre a guardare il panorama sono uno dei ricordi più belli di questo viaggio.

E' stato bellissimo anche il pomeriggio passato nel parco dell'università facendo un pic nic e giocando a frisbee, a volano e a calcio, insieme a due amici e tante amiche. E qui si apre un discorso che devo portare avanti a quattr'occhi con un paio di maschietti italiani.

Il racconto potrebbe continuare ancora per molto, ma ora avete un assaggio, e questo era quello che mi premeva. Sono ormai sull'aereo e tra poche ore atterrerò a Milano, devo dormire almeno un po' per prepararmi alla giornata in ufficio, domani, ed al viaggio per la Danimarca, in serata.

Prima di spegenre il pc volevo lasciare un'ultima annotazione sugli abitanti della Cina. In questo viaggio ho conosciuto in ambiti diversi e in diversi posti, molte persone e penso di poter estrarre delle linee comuni da queste conoscenze. I Cinesi sono persone curiose, disponibili, affidabili. Per me passare del tempo con loro è stata una continua, piacevole, sorpresa. Se vogliamo, questo viaggio mi ha fatto aprire gli occhi, mi ha proposto continuamente esperienze stimolanti ed appaganti dal punto di vista umano. Per questo consiglio a tutti di cogliere ogni occasione per passare del tempo in Cina, cercendo di vivere la visita come un'avventura culturale.

Ciao a tutti,

ENRICO

PS: Aggiungo questo ultimo paragrafo lunedì, dopo essere tornato a contatto con l'Italia, ed avendo scambiato pareri a diversi livelli della situazione in patria. Appena arrivato sono stato subito messo di fronte ai problemi tutti italiani: il nuovo governo, la sicurezza, la gestione dell'immigrazione, l'inflazione galoppante, i salari troppo bassi,... L'impressione che ho adesso è che siamo impantanati in un'autocommiserazione cronica, che seppur parzialmente giustificata dai fatti, non porta da nessuna parte e spinge solo all'individualismo, ed alla rinuncia al miglioramento della società, che comincia e finisce con il miglioramento delle persone che la compongono. Mi sembra che tutti questi problemi non siano nient'altro che il mascheramento di un problema unico di fondo, ben più grave e difficile da risolvere: la mancanza di entusiamo, di spinta creativa e di voglia di migliorarsi, anche causato dalla mancanza di identificazione in un progetto comune, che sia nazionale, regionale o locale. Crogiolarsi in questa apatia ancora a lungo avrà solo effetti negativi sulla situazione. Bisognerebbe riuscire a pensare al futuro ed ai veri grandi problemi che si prospettano all'orizzonte (inquinamento, questione energetica, invecchiamento della popolazione,...) e smetterla di perdere tempo in quisquiglie e problemucoli che, sono convinto, si risolverebbero da soli se avessimo un'economia, una politica ed una società sane e dinamiche.

Attendo pareri!

1 commento:

Anonimo ha detto...

io intanto continuo con i gatti ... che essendo italiani scontano gli stessi problemi burocratici-politici degli indigeni locali. E per lo meno mi rendo utile, almeno credo ...